Nigeria nella violenza. Il card. Onaiyekan: governo sottovaluta Boko Haram
Nigeria in primo piano nelle cronache dei conflitti armati. Negli ultimi giorni, 28
poliziotti sono stati uccisi nello Stato centrale di Nasarawa in un attacco sferrato
dalle milizia tribale Ombatse, mentre altre 55 vittime tra civili e forze dell’ordine
si contano nello Stato nordorientale di Borno per mano degli estremisti islamici di
Boko Haram. La frangia terroristica - cui va imputata anche la decapitazione di due
predicatori musulmani contrari alla violenza - persegue il progetto di voler islamizzare
l’intero Paese. In evidente difficoltà il presidente cattolico, Goodluck Jonathan,
nel pacificare il Paese. Roberta Gisotti ha intervistato il cardinale John
Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja:
R. – Ciò che
mi preoccupa è che sembra stiano crescendo le attività di questo gruppo. Hanno attaccato
persino un campo dell’Esercito nigeriano. Questo prova i timori che abbiamo sempre
espresso fin dall’inizio, che non si tratta solo di musulmani che uccidono i cristiani,
ma piuttosto che nel loro mirino vi sia tutto lo Stato nigeriano: vogliono distruggere
lo Stato nigeriano. E adesso si vede che le vittime degli ultimi attacchi non sono
i cristiani, ma la povera gente e gli agenti di sicurezza del governo nigeriano. Questo
significa che se il governo non cerca un modo migliore per fermare questi attacchi,
non si sa che fine farà. Purtroppo, il metodo usato fino adesso, secondo me, è controproducente,
specialmente quando i soldati usano misure sicuramente inaccettabili persino nel trattare
i Boko Haram e nel rastrellamento generale dei giovani. Tutti sono sospettati di appartenere
al gruppo. Questo modo di agire, purtroppo, sembra riempire ancora di più il gruppo
di quelli che sostengono Boko Haram, che adesso, dunque, sono arrabbiati anche nei
confronti dei nostri soldati.
D. – Il governo non gode, quindi, di un appoggio
totale da parte della popolazione che, a quanto lei mi sta dicendo, è fortemente impaurita,
frastornata...
R. – Io parlo piuttosto della capacità del governo di prendere
le decisioni necessarie e di agire di conseguenza. Non mi sembra venga riconosciuta
la gravità della situazione. Adesso, forse, con l’attacco alla base militare cominceranno
a pensare seriamente in questo senso. Non dico che la risposta debba essere solo militare.
Si deve trovare anche un modo per dialogare, se non con il gruppo, almeno con quelli
che li capiscono, quelli con i quali possiamo cominciare a cercare una soluzione pacifica,
si può anche dire politica, della situazione. Infatti, lo scopo politico che questa
gente ha espresso è quello che la Nigeria debba diventare un Paese islamico. Questo
non è possibile e si deve trovare qualcuno che possa far capire loro che questo scopo
non è raggiungibile.
D. – E' caduta nel vuoto l’offerta agli inizi di aprile,
da parte del presidente nigeriano Jonathan, di un’amnistia?
R. – E’ stato un
grande equivoco. Cosa vuol dire amnistia? E’ caduta nel vuoto non solo per Boko Haram,
ma anche per la popolazione nigeriana, specialmente per i tanti cristiani che si chiedono
cosa voglia dire amnistia. Questo modo di agire, secondo me, è sbagliato. L’amnistia
dovrebbe intendersi come un perdono a qualcuno che è pentito. Ma con chi non è pentito
e crede di seguire la strada giusta, allora non ha senso parlare di amnistia. Si può
sperare solo che qualcuno di loro, visto che sono tanti in questa avventura, si stanchi
e voglia integrarsi nella vita normale nigeriana. In questo caso, si potrebbe offrire
l’amnistia, ma non dare soldi, promettere tanti vantaggi, come fossero un premio per
ciò che hanno fatto.
D. – Ci sarebbe forse bisogno di una mediazione internazionale
a sostegno di questa opera di pacificazione in Nigeria?
R. – Si potrebbe parlare
di mediazione internazionale, se il nostro governo avesse un piano chiaro, ma io non
vedo la chiarezza dei loro piani. C’è un Comitato di amnistia con tanti musulmani,
che sta ancora lavorando, ma il loro lavoro sembra non aver fermato l’attività di
quelli che sparano.