I vescovi europei: continente cresca aperto all'Assoluto, solidale, attento alla famiglia
Nonostante la crisi economica e le difficoltà non si deve perdere la speranza. L’Europa
Unita foriera di pace e solidarietà. Sono in sintesi i messaggi lanciati dal Consiglio
delle Conferenze episcopali europee (Ccee) e dalla Commissione degli episcopati della
Comunità Europea (Comece), per la Giornata dell'Europa. I vescovi ribadiscono la vicinanza
della Chiesa, la centralità della famiglia. E indicando il pensiero di Robert Schuman,
tra i padri fondatori dell’Unione Europea, e quello di Papa Giovanni XXIII, sottolineano
la sfida di una costruzione di una società europea aperta all’Assoluto e improntata
su verità, giustizia, solidarietà e libertà: pilastri della pace. Il servizio di Massimiliano
Menichetti:
Un’Europa unita
testimonianza di pace e riconciliazione. I vescovi europei ribadiscono il ruolo del
Vecchio continente attingendo allo spirito visionario di uno dei padri fondatori,
Robert Schuman, ricordando il documento con il quale, il 9 maggio 1950, la Francia
indicò alla Germania “l’apertura di una strada per la pace”. Il Consiglio delle Conferenze
episcopali europee e la Commissione degli Episcopati della Comunità europea tracciano
le sfide di oggi e di domani. Pace, solidarietà rispetto a fronte di una mera logica
economica che, se perseguita, porterebbe – secondo padre Patrick H. Daly, segretario
generale della Comece – tutto indietro di “70 anni” e genererebbe “un continente profondamente
diviso dall’odio e dal sospetto reciproco”. Sulla stessa linea, il Consiglio delle
Conferenze episcopali europee che in messaggio ribadisce la vicinanza della Chiesa
a tutti coloro “che si trovano in difficoltà per l’attuale crisi economica, che si
sentono sole, che hanno perso o sono in cerca di un lavoro e che, a causa della grave
crisi di senso e di fede, fanno fatica a guardare al futuro”. In particolare, i vescovi
guardano “ai giovani” e “li invita a non perdere la speranza”. L’impegno per la costruzione
di una società giusta, precisano, deve essere “a non lasciare che paure ed egoismi
offuschino la carità che ha sempre contraddistinto” il Vecchio continente, “ma a riscoprire
invece l’importanza della famiglia, il valore del dono e dell’accoglienza, facendosi
prossimo dei più bisognosi”, mostrando quell’amore “affidabile di Dio che in Gesù
Cristo si è fatto prossimità a tutti”. I vescovi, inoltre, inviato i cristiani del
Continente a cogliere l’occasione della Giornata odierna “per riflettere sul loro
impegno nella costruzione di una società europea aperta all’Assoluto e improntata
su verità”, “giustizia”, “solidarietà e libertà”: pilastri della pace.
Sulla
"Giornata dell'Europa" Massimiliano Menichetti ha intervistato mons. Gianni
Ambrosio, vescovo di Piacenza Bobbio e vicepresidente della Comece:
R. – Innanzitutto,
ricordiamo il motivo per cui si celebra questa Giornata come festa dell’Europa: due
mani che prima si erano combattute, finalmente si sono rappacificate. Mi riferisco
alla Francia, in modo particolare al ministro degli Esteri, Schuman, che propose alla
Germania un cammino di pace, un cammino di riconciliazione dopo la terribile guerra
mondiale. Il “sì” del cancelliere tedesco alla mano tesa del ministro francese è il
segno di una svolta, di un cambiamento. Così inizia quel cammino di pace, di solidarietà
durato più di 70 anni. E’ importante ricordare quell’inizio perché, dopo questi 70
anni di pace e di collaborazione, a causa anche della pesante crisi che attraversa
l’Europa, alcuni pensano di tornare indietro rinchiudendosi, in un certo modo, negli
egoismi che avevano portato al conflitto mondiale, che avevano portato al sopravvento
dell’uno sull’altro. Offuscare quel cammino di pace, pensare che la soluzione del
futuro sia tornare indietro, è davvero frutto di una miopia grande.
D. – Centrale
per questa Europa, viene ribadito, è la solidarietà ma anche il legame con il trascendente…
R.
– Solidarietà perché solo insieme possiamo affrontare questi momenti difficili. Gli
uomini che hanno firmato il Trattato di pace, tanti anni fa, che hanno dato l’avvio
all’Unione Europea come il nostro De Gasperi insieme con Adenuer, tedesco, e a Schuman,
francese, erano uomini di fede. Erano uomini che si sentivano interpellati come credenti
a costruire quel bene grande che è la pace. Noi dobbiamo riscoprire l’importanza di
una visione di Europa aperta: aperta a Dio, aperta all’uomo, aperta alla solidarietà.
E ogni cristiano è davvero chiamato a collaborare e a contribuire, con il suo modo
di pensare, con il suo modo di agire, al destino del nostro continente, che non può
essere un destino di guerra e di violenza ma un destino, invece, di concordia, di
pace e di solidarietà.
D. – Ribadire le radici dell’Europa è un aspetto importante.
Eppure, per molti sembra secondario e si continua a parlare prevalentemente di economia…
R.
– E’ veramente fondamentale, perché solo con un grande orizzonte il nostro animo è
disposto alla collaborazione, alla pace. Questo grande orizzonte non viene da noi,
ci è offerto da Dio che ci chiama a iscrivere nella storia il suo progetto, che è
progetto di vita, che è progetto di pace, che è progetto di salvezza. E allora, quando
l’Europa perde il grande orizzonte, c’è solo una visione pragmatica, c’è solo una
visione anche egoistica. Non c’è l’attenzione all’umanità della civiltà europea, quell’umanesimo
che ha fatto grande nella storia la nostra Europa.