Israele: polemiche per il blocco di nuovi insediamenti in Cisgiordania
Polemiche in Israele per la decisione del premier Netanyahu, riferita dalla radio
militare di Stato, di bloccare sino a giugno i progetti per la costruzione degli insediamenti
dei coloni ebrei in Cisgiordania. E proprio dai coloni, che chiedono un incontro urgente
con il capo del governo, giunge la protesta nei confronti di questa presa di posizione.
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Maria Grazia Enardu, docente di
Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Firenze:
R. - E’ una
promessa, limitata nel tempo, fatta all’indomani della visita del presidente statunitense
Obama, direttamente al segretario di Stato Kerry, anche per dare agli americani un
minimo di terreno su cui lavorare diplomaticamente. Netanyahu non poteva, all’indomani
di una visita così importante, sconfessare lo sforzo americano di voler far ripartire
i negoziati.
D. - Che pensare delle perplessità dei coloni?
R. - I
coloni sono molto preoccupati, perché qualunque mossa, anche temporanea, che fermi
la crescita degli insediamenti, per loro è assolutamente negativa. D’altra parte i
coloni sanno di avere nel governo amici molto forti e molto fedeli: inoltre sono consapevoli
che bisogna, in qualche modo, far trascorrere i due anni che il segretario di Stato
Kerry ha indicato come finestra di opportunità per riavviare il dialogo. Chiusa la
finestra, saranno più tranquilli.
D. - Israele, in questo momento si trova
- per così dire - pressato da una parte dagli Stati Uniti, ma anche dalla Cina che
non ha nascosto, per esempio, di non gradire l’intervento israeliano in Siria e non
ha altrettanto nascosto di essere favorevole ad una soluzione della crisi con i palestinesi?
R.
- La Cina è una grande potenza e anche un’incognita in Medio Oriente: sicuramente
la Cina vuole che il suo punto di vista sia udito anche in Medio Oriente. Però non
dimentichiamo che in sede di Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove c’è anche la Cina,
alla fine Israele è sempre comunque aggrappato al veto americano e non ha bisogno
dell’appoggio della Cina.
D. - Come dai palestinesi può essere accolta questa
notizia del blocco degli insediamenti?
R. - I palestinesi sono molto scettici
da sempre e sono sempre stati in grado di decodificare le mosse del governo israeliano.
In questo momento a loro manca una cosa molto importante e cioè una voce politica
singola, sia per la spaccatura che c’è tra Hamas e Fatah, sia perché il presidente
Abu Mazen è un presidente prorogato da anni e non riescono a fare elezioni, sia perché
il primo ministro Fayyad si è dimesso e lui era considerato dall’Occidente la persona
più autorevole tra i palestinesi. Quindi hanno un’intrinseca posizione di debolezza.