Oggi i funerali di Giulio Andreotti. Interviste con card. Ruini, p. Simone, M. Franco
Cordoglio da tutto il mondo per la morte di Giulio Andreotti. Il senatore a vita,
94 anni, è scomparso ieri mattina nella sua casa di Roma. La camera ardente ieri nella
stessa abitazione e oggi alle 17 i funerali privati nella chiesa di San Giovanni dei
Fiorentini. Si chiude così la vicenda storico-politica del senatore a vita, classe
1919. ”Ha rappresentato con eccezionale continuità l'Italia nelle relazioni internazionali
e nella costruzione europea” si legge in una nota del Quirinale. Il servizio di Alessandro
Guarasci
Per
40 anni è stato tra gli emblemi della politica italiana, amato e non da tanti. Un
uomo che ha stabilito tanti record: aveva solo 27 anni quando è stato eletto all’assemblea
Costituente. Ha guidato 7 volte il governo stabilendo il primato dell'esecutivo piu'
breve della Repubblica: 9 giorni. Sessantasei anni vissuti da parlamentare. Due i
processi che ha dovuto subire (mafia e omicidio Pecorelli). Andreotti è morto questa
mattina poco dopo le 12 nella sua casa romana. Niente camera ardente e funerali in
forma privata domani pomeriggio a San Giovanni dei Fiorentini. Tantissimi i messaggi
arrivati. Per il presidente Napolitano valutazioni approfondite le si potrà dare solo
"in sede di giudizio storico" ma Andreotti ha comunque avuto “un ruolo di grande rilievo
nelle istituzioni” e “ha rappresentato con eccezionale continuità l'Italia nelle relazioni
internazionali e nella costruzione europea”. Per il premier Letta “se ne va un attore
di primissimo piano di oltre sessant'anni di vita pubblica nazionale”.
E' il
ricordo di un'amicizia consolidata nel tempo quello cui fa riferimento il cardinale
Camilllo Ruini, parlando di Giulio Andreotti. Le sue parole in occasione della
Lectio magistralis tenuta ieri a Roma sul Ruolo della fede in Dio nello spazio pubblico.
Ascoltiamo il poporato al microfono di Gabriella Ceraso:
R.
- E’ un ricordo molto antico, perché io ho conosciuto personalmente Andreotti nell’86,
quando sono venuto qui, a Roma, come segretario della Conferenza episcopale e lui
aveva già un notevole ruolo politico. Sono sempre rimasto colpito dalla sua saggezza,
dal suo senso dell’umorismo e anche - certo - dalla sua maniera discreta ma tenace
di tenersi agganciato ai valori cristiani. Abdreatti non nascondeva la sua fede, non
nascondeva il suo credo. Era una persona che sapeva contemperare bene il ruolo istituzionale
con le sue convinzioni di credente.
D. - E' stato anche uomo del dialogo?
R.
- Ah, certamente! Andreotti parlava con tutti: era capace di tenere rapporti a 360°.
E
il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco ha ricordato l’importanza di
Andreotti per la Repubblica italiana. Spero - ha aggiunto - che tutti noi, ripensando
alla sua storia, possiamo prendere opportuni insegnamenti nel considerare il bene
per l'Italia”. Amedeo Lomonaco ha chiesto un ricordo a padre Michele Simone,
notista politico di Civiltà Cattolica:
R. - Indubbiamente
fa parte della storia della Repubblica. Ritengo che, nonostante tutte le cose negative
che gli sono state attribuite, non tutte poi provenissero da lui. Penso che la storia
darà un giudizio tutto sommato positivo.
D. - Una storia indissolubilmente
legata all’esperienza della Democrazia Cristiana...
R. – Andreotti, come dicevo,
fa parte della storia della Repubblica e della storia della Democrazia Cristiana.
Era un personaggio capace di conoscere veramente che cosa avveniva nel Paese, e quindi
di addirizzare il timone della Democrazia Cristiana per darne un’interpretazione positiva.
Non ha partecipato a particolari trame negative all’interno della Dc. Ha saputo valorizzare
i valori di cui la Dc era portatrice fino al punto di puntellare alla fine la Democrazia
Cristiana. Non si può dimenticare poi il suo apporto al compromesso storico e ciò
che è accaduto in quell’epoca.
E sullo statista il giornalista del Corriere
della Sera Massimo Franco ha scritto il libro "Andreotti. La vita di un uomo
politico, la storia di un'epoca" edito da Mondadori". Sentiamolo intervistato da Alessandro
Guarasci
R.
- E’ stato l’uomo che ha, in fondo, rappresentato l’amministrazione dello Stato Italiano,
lo Stato democristiano, legato al Vaticano, legato alla Guerra Fredda, dal dopoguerra
fino alla fine della Guerra Fredda. In quella fase Andreotti ha finito per simboleggiare
il potere, anche se è stato qualcosa di più.
D. - Quanto ha cambiato l’Italia
e il modo di fare politica?
R. - Lo ha cambiato molto, nel senso che rappresentava
intanto un potere inamovibile, perché gli equilibrio della Guerra Fredda rendevano
la Democrazia Cristiana il perno, il partito-Stato come si diceva e qualcosa di insostituibile.
Secondo: rappresentava un potere abbastanza morbido, che cercava di non essere troppo
invasivo, ma che naturalmente - per il fatto di non aver alternative - alla fine ha
mostrato tutte le sue rughe e le sue contraddizioni. Quindi, con la fine della Guerra
Fredda, si è esaurito nella sua funzione storica.
D. - Andreotti, però, viene
ricordato anche per i suoi problemi giudiziari. Un uomo che, però, si è sempre difeso
nel processo?
R. - Certamente in questo Andreotti si è rivelato un uomo responsabile,
una persona che sapeva che cosa fosse il rispetto delle istituzioni e, in questo senso,
anche un abile imputato: alla fine è stato per alcuni reati assolto e per altri è
scattata la prescrizione. Ma la sua vicenda spiega che in realtà la complessità della
vita italiana del dopoguerra non poteva essere giudica né letta soltanto con lenti
giudiziarie.
Il 14 gennaio del 2004, nel giorno dell’85.mo compleanno di Giulio
Andreotti, era stata conferita allo statista italiano la laurea in “Utroque Iure”
nel corso di una cerimonia svoltasi alla Pontificia Università Lateranense. In quell’occasione,
Amedeo Lomonaco aveva chiesto, proprio al presidente Giulio Andreotti,
di tracciare un bilancio sul percorso di vita fino ad allora compiuto:
R. – Personalmente
ringrazio Dio di poterli celebrare. Sono piuttosto emozionato per una certa intensità
di affetto e di attenzione che vedo… Quando al bilancio, è un po’ difficile… Spero
ancora di avere un po’ di tempo per gli attivi e i passivi e poi lo farò all’altro
mondo confidando nella Misericordia di Dio.
D. – Quale ruolo ha avuto la fede
nella sua vita?
R. - Determinante, a cominciare dagli inizi: io ero rimasto
orfano appena nato, eravamo tre ragazzini in famiglia affidati a mia madre, soltanto
con una piccola pensione di guerra, e trovammo nella parrocchia una specie di seconda
famiglia e un parroco umanissimo, un uomo che mi ha aiutato a dare degli indirizzi
- qualche volta ho tardato forse anche a capirli - che poi, quando sono diventato
grande - per così dire - mi hanno dato un notevole apporto.