"I cento passi": il ricordo di Peppino Impastato trucidato dalla mafia 35 anni fa
A 35 anni dalla sua morte, Cinisi ricorda Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il
9 maggio del 1978. L’8 e 9 maggio prossimi, nella cittadina siciliana, si svolgerà
“I cento passi dei Sindaci”, una serie di iniziative che culmineranno con l’inaugurazione
della ristrutturata “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”. Giornalista, attivista,
Impastato fu assassinato per le sue continue denunce delle attività delle cosche della
zona. Mandante fu Gaetano Badalamenti, condannato all’ergastolo nel 2002, morto nel
2004 in un penitenziario statunitense. Il servizio di FrancescaSabatinelli:
Era molto
scomodo Peppino Impastato. Tutto quel suo impegno, la sua militanza, le sue denunce
e accuse attraverso "Radio Aut", da lui fondata, “Tano Seduto”, così Peppino chiamava
Gaetano Badalamenti, non poteva farle passare. Impastato, inoltre, era di famiglia
mafiosa, il che forse rendeva il tutto ancora più inaccettabile agli occhi del boss.
L’eliminazione fu decisa in casa Badalamenti, a cento passi di distanza da casa Impastato.
Per diverso tempo Peppino fu creduto un terrorista morto suicida anziché una vittima
dei mafiosi che, per depistare, adagiarono il cadavere sui binari della Palermo-Trapani
e lo fecero saltare con una carica di dinamite. L’origine mafiosa del delitto viene
alla luce soprattutto grazie all’impegno della madre Felicia e del fratello Giovanni,
che a loro volta rompono con i familiari mafiosi. GiovanniImpastato,
in questa occasione, presenterà le 40 mila firme raccolte perchiedere alla Regione
Siciliana l’esproprio del casolare dove Peppino fu trucidato:
R. – Parliamo
del luogo in cui è stato ucciso Peppino, dove c’è stato il suo ultimo respiro, perché
Peppino è stato percosso lì dai criminali mafiosi che lo avevano sequestrato all’uscita
dalla Radio. Quel casolare era totalmente abbandonato, malgrado ci fosse il vincolo
dei precedenti amministratori, che erano i commissari prefettizi, come patrimonio
culturale, come patrimonio storico. Il proprietario ha chiesto il triplo del valore,
e allora due anni fa la Regione avvia la pratica di esproprio. Di questa pratica ora
non sappiamo più nulla. Quest’anno noi abbiamo ripreso a fare le nostre denunce: vogliamo
sapere a che punto è questa pratica di esproprio, chiediamo che in base alle leggi
si proceda subito, soprattutto vogliamo che quel casolare venga restaurato e messo
a disposizione della società civile per ricordare, appunto, Peppino Impastato: perché
quello è un luogo di memoria importante!
D. – I “Cento passi” sono quelli che
separano “Casa Memoria”, la vostra casa, da Casa Badalamenti, dove Badalamenti decise
l’omicidio di suo fratello. Anche quello è un luogo della memoria…
R. – E’
chiaro che quello è un luogo di memoria negativo; però, io sono convinto che quella
sia una memoria che vada anche "rispettata", perché dobbiamo avere il coraggio di
raccontare alle nuove generazioni anche chi era Gaetano Badalamenti, e quello che
ha fatto. Quelle mura non possono parlare, ma lì in quelle stanze, siccome Badalamenti
era uno dei più grandi boss del secolo precedente, si sono prese delle decisioni importanti.
Molti omicidi sono stati decisi lì, qualche faida è stata decisa lì … Ecco anche l’importanza
di quel luogo, noi dobbiamo raccontare ai giovani quello che vi è successo. Allora,
più il tempo passa più mi convinco che questi “cento passi” veramente rappresentano
la storia di questo nostro Paese. Io sono molto ottimista, ai giovani soprattutto
dico che ce la possiamo fare. La cosa importante è lottare soprattutto contro la rassegnazione,
perché non ci porta a nulla. Dobbiamo credere nella sconfitta della mafia, perché
io sono convinto che possa essere sconfitta. Il problema è che dobbiamo incominciare
a fare delle scelte, soprattutto politiche, importanti.
L’appuntamento a Cinisi
è l’8 e il 9 maggio. Tra le molte iniziative previste, la presentazione del rapporto
“Amministratori sotto tiro” curato da Avviso Pubblico che illustra i casi di
intimidazione ad amministratori locali, avvenuti nel corso del 2012: una ogni 36 ore.
Oltre a questo, una veglia di preghiera per la legalità e la giustizia presieduta
da mons. Alessandro Plotti, vescovo di Trapani, e poi l’evento molto atteso: l’inaugurazione
della Casa-museo Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, ristrutturata dopo
il riconoscimento ufficiale di “Bene sotto tutela culturale”. Da Cinisi arriva l’invito
alle associazioni, al terzo settore in genere, a fare della lotta alle mafie un aspetto
fondamentale della loro azione, ci dice don ArmandoZappolini, presidente
del Cnca:
R. - Io che sono presidente della rete Comunità di Accoglienza,
mi sono incontrato con la lotta alla mafia lottando contro chi spaccia la droga, perché
in realtà quello che noi facciamo accogliendo le persone nei nostri percorsi di cura,
o di riduzione del danno è solo lenire le conseguenze di chi invece, sulla loro sofferenza,
continua a guadagnare molto. C’è una lotta alla mafia che non è solo cortei, o canzoni,
ma è impegno quotidiano, ciascuno con il suo ruolo – nella società civile, nel sindacato,
nelle amministrazioni pubbliche, nella Chiesa – ciascuno ha il suo pezzo di storia
da scrivere. Questo impegno civile contro le illegalità, contro le mafie deve coinvolgere
veramente tutta la popolazione: la mafia non si combatte con gli eroi, anche se purtroppo
eroi ce ne sono stati – c’è gente che ha perso la vita per questo - ma la mafia si
vince quando c’è un popolo che cammina su di un percorso di legalità. Secondo me,
la vera vittoria è quando il ricordo dei martiri dell’antimafia diventa coscienza
di una popolazione e di un territorio.
D. – Sono passati 35 anni, questo significa
che, per tutti quei giovani che sono da diversi anni la speranza della Sicilia, Peppino
Impastato altro non è che un nome e qualche fotografia. Eppure, ancora oggi i ragazzi
siciliani sentono forte il suo messaggio...
R. – Lo sentono forte. Ogni anno
sono davvero tante anche le scuole che vengono, perché la gente oggi – specialmente
i ragazzi – non sono attratti dalle parole, dai discorsi, ma sono ancora attratti
– come è giusto che sia – dalle testimonianze e dalle storie vere. Peppino era uno
di loro: un ragazzo fuori anche dagli schemi, però con grandi sogni, con grande impegno
e questo suo coraggio è qualcosa che davvero affascina ancora tanti ragazzi. Ci sono
sempre tante scuole che vengono a Cinisi per incontrare Peppino e questo è stato proprio
l’obiettivo dei suoi compagni, dei suoi amici, di Radio Aut, della sua famiglia.
I primi anni – quelli difficili, quando Peppino non era ancora riconosciuto come vittima
di mafia, ma era denunciato, depistando le indagini, come un terrorista esploso con
il suo esplosivo – sono stati anni in cui gli amici hanno retto davvero lo scontro
con questa mafia che voleva “uccidere due volte”. Oggi, è un bel segno di vittoria
contro la prepotenza delle mafie nei territori, è una cosa che dà speranza: arrivare
a Cinisi, si torna via ben caricati di impegno civile.