Rapporto Fao su vittime carestia in Somalia. Caritas: ora investiamo nella pace
Grave carestia in Somalia: a lanciare l’allarme è la Fao, l’organizzazione dell’Onu
per l’alimentazione e l’agricoltura, che denuncia la morte per fame di oltre 258 mila
persone nel Paese africano, di cui 133 mila bambini. Roberta Gisotti ha intervistato
Silvio Tessari responsabile della Caritas Italiana per il Corno d’Africa:
D. – Silvio
Tessari, questi dati pubblicati dalla Fao riguardano il periodo che va dall’ottobre
2010 all’aprile 2011. La Caritas era allora avvertita di questa emergenza?
R.
– Sì, anche perché non è che sia una gran novità una siccità in Somalia. Ce ne sono
sempre state, solo che in questo caso poi è diventata sempre più importante, fino
a diventare, all’inizio del 2011, una vera e propria tragedia. Già nella primavera
del 2011, abbiamo cominciato a lanciare i primi allarmi, seguiti poi da un appello
del Papa ai primi di luglio. Quindi, abbiamo cominciato a raccogliere fondi che abbiamo
dato alla Caritas Somalia, che ha tutta una rete di organizzazioni, che hanno agito
nella difficoltà della situazione. Non bisogna dimenticare, infatti, che sì c’era
la siccità, ma c’era soprattutto un livello di anarchia e di violenza in tutto il
Paese, che rendeva molto difficile qualsiasi attività.
D. – Qual è oggi la
situazione della popolazione? Sappiamo che non c’è ancora una stabilità politica,
anche dopo le ultime elezioni del settembre scorso...
R. – La siccità che c’era
va collocata in un clima di grande violenza, che ha peggiorato la situazione e ha
creato anche tanti rifugiati: centinaia di migliaia di somali che sono fuggiti soprattutto
in Kenya e in Etiopia. Adesso, a tutt’oggi, si può dire che ancora un milione di somali
si trovano all’estero e almeno 370 mila sfollati interni sono a Mogadiscio, una cifra
enorme. Che cosa è cambiato dal settembre scorso, quando è stato eletto il presidente
Hassan Sheikh Mohamud? La situazione è leggermente migliorata. Io sono in contatto
costante con mons. Bertin, che è l’amministratore apostolico della Somalia, oltre
che vescovo di Mogadiscio, e lui stesso nel mese di aprile, tre settimane fa, ha potuto
fare un viaggio in Somalia che da anni non si poteva fare, per questioni di sicurezza.
Quindi, c’è un leggero miglioramento della situazione, anche se naturalmente non tutto
il Paese è ancora pacificato. Ma dopo 20 anni di anarchia, non si può migliorare di
punto in bianco. Noi abbiamo molti rapporti, molti contatti e la gente ora è abbastanza
ottimista sul futuro della Somalia: sono riprese le vaccinazioni, lo scavo dei pozzi…
Bisogna dire, onestamente, che il governo attualmente al potere sta facendo bene.
C’è un piccolo miglioramento e anche la Caritas Somalia prende atto di questo.
D.
– Tanto più è il momento di sostenere questa popolazione...
R. – Sì, adesso
che c’è anche una sorta di sentimento, di desiderio di pace – c’era anche prima, ma
c’erano le milizie armate e gli interessi di origine non chiara – si sente perfino
parlando con le persone e c’è un fiorire di attività, soprattutto da parte delle donne.
Noi abbiamo tante iniziative, che sono gestite dalle donne in Somalia, che stanno
facendo nel loro piccolo dei veri miracoli. Quindi, è il momento in cui non solo bisogna
dare aiuto a questa speranza, ma nemmeno guardare troppo indietro dicendo: per tanti
anni avete agito così, avete distrutto e così via... Se c’è stata un’assenza della
comunità internazionale, che ha in qualche modo gettato benzina sul fuoco, non riuscendo
a contenere la violenza, adesso è il momento di aiutare il governo e le autorità locali
a mantenere la loro autorità e a mantenere un clima di fiducia e quindi di sviluppo
e di miglioramento.