Israele pronto a nuovi negoziati con l'Anp. Mons. Shomali: no al muro di Cremisan
Terminata ieri la visita ufficiale in Italia e in Vaticano del presidente israeliano
Shimon Peres. Intanto da Gerusalemme il premier Netanyahu si è detto pronto a riprendere
i negoziati con l’Autorità nazionale palestinese, senza precondizioni di pace, dopo
l’iniziativa del segretario di Stato americano Kerry e della Lega Araba circa un compromesso
sui futuri confini tra i due Paesi. A preoccupare, però, oltre la possibilità di nuovi
insediamenti a Gerusalemme, anche il via libera da parte della Commissione Speciale
d’Appello israeliana alla realizzazione del muro di Cremisan, con conseguente espropriazione
di terreni alla popolazione palestinese. Ma come accogliere le parole di Netanyau?
Al microfono di Cecilia Seppia ascoltiamo mons. William Shomali, vescovo
ausiliare di Gerusalemme:
R. – Queste
parole indicano un’apertura. Solo che fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Speriamo, quindi, che tutto questo sarà messo in pratica. Questo è il mio augurio.
Comunque le parole sono ottimiste e danno speranza.
D. – C’è stata anche un’apertura
da parte palestinese sulla base di quest’iniziativa del segretario di Stato americano
Usa, John Kerry, e della Lega Araba, per quanto riguarda lo spostamento dei confini?
R.
– Sì, quest’apertura da parte dei palestinesi è sempre stata basata sulla proposta
della Lega Araba: le frontiere del ’67 con possibilità di scambio di territori. Questa
è sempre valida. Se si arriva su questa base a negoziati, allora c’è tanta, tanta
speranza.
D. – Dall’altra parte, però, c’è la dichiarazione del ministro israeliano
per l’edilizia, che ha detto che non fermerà gli insediamenti e quindi le costruzioni
a Gerusalemme. Questo invece preoccupa...
R. – Questo è preoccupante, perché
già pone un atto che può fare esplodere il processo di pace. Questo è molto negativo.
D.
– Altra questione che preoccupa la Chiesa, e non solo in questi giorni, è la decisione
della Commissione Speciale d’appello israeliana, che ha approvato la costruzione del
muro di separazione sulle terre della valle di Cremisan. Cosa comporta questa decisione?
R.
– Questo comporta che il muro si farà e che i territori che appartengono a 58 famiglie
saranno parte della zona di Gilo. In avvenire questi terreni potranno essere inaccessibili,
nonostante le promesse, ed anche espropriati. Questa decisione, dunque, ci ha sorpresi:
ha sorpreso la Chiesa e ha sorpreso gli abitanti. Dobbiamo, e devono anche loro, andare
all’Alta Corte di Giustizia israeliana, perché c’è sempre speranza che sia fatta giustizia.
D.
– Dietro questa decisione d’Israele c’è la necessità di mantenere la sicurezza. Ci
potrebbero, però, essere, comunque, delle alternative, anche perché questo muro creerà
difficoltà alla popolazione per tanti motivi...
R. – La miglior sicurezza è
la fiducia tra le due parti. Bisogna fare uno sforzo maggiore per negoziare piuttosto
che per costruire muri. Questo è il mio augurio. Tutti questi muri, che espropriano
terreni ad altri, non vanno nel senso della pace. Il mio augurio è che questo orientamento
cambi, che si vada e si facciano tanti sforzi per il processo di pace, per negoziare
sulla base della piattaforma internazionale. Allora tutte e due le parti troveranno
pace e sicurezza.
D. – Tra l’altro a Cremisan ci sono questi due conventi salesiani,
uno maschile e uno femminile. Si tratta di scuole di formazione agricola e di aiuto
agli abitanti. Quindi questo penalizzerà anche gli abitanti di questa zona, dal punto
di vista dell’educazione, dell’accesso all’educazione...
R. – La scuola rimarrà
nella parte di Beit Jala palestinese, ma gli studenti avranno difficoltà a venire
dall’altra parte, dietro il muro. Questo influirà negativamente sulla scuola e ciò
fa parte del problema.