Caritas Bangladesh: siamo tutti responsabili per i morti del Rana Plaza
La tragedia del Rana Plaza "è una responsabilità che ricade su ciascuno di noi. E
siamo grati a Papa Francesco per aver sottolineato il valore della dignità umana in
questa nostra storia. Ci sentiamo confortati". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews
Benedict Alo D'Rozario, direttore esecutivo della Caritas Bangladesh, che dal 24 aprile
scorso, quando il palazzo è crollato con oltre 3mila persone al suo interno, è impegnata
nelle operazioni di recupero e di assistenza alle famiglie delle vittime. Mercoledì
scorso, durante la messa presieduta nella cappellina di Casa Santa Marta in occasione
della memoria di san Giuseppe lavoratore, papa Francesco ha parlato anche del Bangladesh
e di quanto accaduto al Rana Plaza. "Non pagare il giusto - ha detto - non dare lavoro,
perché soltanto si guarda ai bilanci, ai bilanci dell'impresa; soltanto si guarda
a quanto io posso approfittare. Quello va contro Dio! Un titolo che mi ha colpito
tanto il giorno della tragedia del Bangladesh, 'Vivere con 38 euro al mese': questo
era il pagamento di queste persone che sono morte... E questo si chiama 'lavoro in
schiavitù'! Per D'Rozario, le parole del Papa sono di grande conforto, e per questo
"attraverso la nunziatura, manderemo il messaggio di papa Francesco al primo ministro
e al presidente del Bangladesh". "Il nostro lavoro quotidiano - spiega - va dal recupero
delle persone, alla distribuzione di acqua, medicine e cibo, fino all'identificazione
dei corpi e alla restituzione delle salme alle famiglie. Da oggi abbiamo attivato
un nuovo progetto per il sostegno sociale e psicologico di sopravvissuti e familiari
delle vittime. Per almeno un mese psicologi dell'università di Dhaka, operatori sociali
e religiosi offriranno assistenza e terapie a chi ne ha bisogno". Secondo il direttore
della Caritas una tragedia come quella del Rana Plaza, dove il bilancio parla ormai
di oltre 400 morti e più di 2mila feriti, "è una responsabilità di tutti noi: governi,
industrie, clienti, tutti. Gli uomini d'affari dei Paesi più ricchi vengono da noi
perché la manodopera costa poco, ma tutti dimenticano quanto sia dura la vita dei
lavoratori, quando prendono 50 dollari al mese! Il nostro governo ha cercato di fare
qualcosa, ma sono sorte le imprese private, che non si fanno scrupoli e con le quali
le aziende straniere stipulano contratti". "Credo che tutti - incalza - dovremmo chiederci
perché una maglietta prodotta in Bangladesh costa 20 euro, mentre se viene prodotta
in Europa costa 80 euro. Dobbiamo continuare così, ignorare il rispetto di cui tutti
sono degni, per far dormire sonni tranquilli agli altri? Io credo invece che dobbiamo
essere consapevoli che le persone di tutto il mondo meritano pari dignità e diritti
umani, non solo di chi vive nel nostro stesso Paese. Tutti conoscono questa situazione,
il governo e la gente, ma dobbiamo interrogare la nostra coscienza, e chiederci cosa
possiamo fare tutti insieme. Perché è nostra responsabilità fare tutto il possibile
per garantire e sostenere i diritti e la dignità di ogni essere umano". (R.P.)