Arcivescovo di Dacca: tragedia in Bangladesh, monito per chi sfrutta i lavoratori
I 400 morti finora accertati per la caduta del palazzo a Dacca, in Bangladesh, sono
una drammatica lezione per chi pretende di sfruttare in modo disumano il lavoro.
Ad affermarlo con decisione è l’arcivescovo della città. Otto persone sono finite
in manette, tra cui proprietari e dirigenti delle aziende tessili e i due funzionari
municipali che il giorno prima del disastro avevano rassicurato i lavoratori sulla
mancanza di rischi. Casi così emblematici di sfruttamento devono essere ricordati
nella Festa dei lavoratori. La collega della redazione inglese, Susy Hodges
ha intervistato Mons. Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dacca:
R. – I called
up Caritas... Ho chiamato sia la Caritas, sia la parrocchia ed è stata creata una
squadra di soccorso che ha raggiunto anche altri gruppi di soccorso, e che negli ultimi
giorni ha lavorato molto duramente. Poi, sono state chiamate anche alcune suore, le
Suore di Madre Teresa, che sono andate lì e si sono prese cura delle vittime. Ho detto
di non stare lì troppo ufficialmente, ma di essere presenti come buoni samaritani
e di fare tutto quello che era possibile. La Chiesa ha agito attraverso la Caritas,
attraverso i religiosi e i laici, che sono stati coinvolti in quest’operazione di
soccorso.
D. – L’industria tessile è estremamente importante per il Bangladesh,
ma viene criticata per le paghe basse, diritti negati, condizioni lavorative spesso
pericolose. Quale lezione si può trarre, secondo lei, da questa tragedia, che fra
l’altro non è la prima?
R. – Unfortunately it’s happening time and again... Sfortunatamente,
ogni tanto accade e l’intero Paese ne è scioccato. La lezione che impariamo è che
non solo questi edifici dedicati al tessile, ma molti altri edifici, un’alta percentuale
degli edifici costruiti, sono in condizioni di vulnerabilità e che il regolamento
dell’edilizia non viene seguito. Quindi, il governo e la gente sono molto consapevoli
del fatto che debba essere fatto qualcosa e che non si possa lasciar correre. Tutto
questo succede anche a causa della corruzione. Il Paese, dunque, sta imparando una
grande lezione, ma non si deve agire con ritardo. Ora, per esempio, si sta provando
a controllare se tutti gli edifici siano in buone condizioni o meno. La risposta naturalmente
è arrivata anche dalla comunità internazionale, da coloro che comprano questi prodotti.
Vogliono lavoratori a basso costo e vengono qui, ma non guardano alle condizioni lavorative
della gente, a quanto vengono pagati e se vengono trattati umanamente. Penso che questo
evento sarà una grande lezione per tutti quelli che sono coinvolti: i proprietari
dell’edificio, gli industriali e anche le compagnie che comprano i prodotti. Tutti
devono unirsi e trovare un modo sicuro di operare per favorire le condizioni lavorative
di queste persone. Deve essere fatta giustizia per i lavoratori.
D. - Pensa
che ci sarà un cambiamento, una diminuzione della corruzione, vista la portata di
questa tragedia e il numero di vite perse?
R. – Right. I Think there will be
some shift... Esatto, penso che ci sarà un cambiamento, ma la corruzione è sempre
lì e c’è la tendenza a dimenticarsi dopo uno, due o sei mesi. Sento però che l’intero
Paese ne è rimasto scioccato e quindi con una buona azione di governo le cose cambieranno
e si farà un passo avanti. E’ assolutamente necessaria la cooperazione internazionale,
che dovrebbe guardare alle condizioni lavorative e dovrebbe esercitare una pressione
su questo: ci devono essere condizioni di lavoro umane per i poveri lavoratori. Non
possono semplicemente chiedere lavoro a basso costo e cercare sempre di negoziare
per avere maggiori profitti. Devono anche pagare per il lavoro e per condizioni lavorative
sicure.