Vescovi sudcoreani: trasformiamo i rifugiati del Nord da emarginati a fratelli
I saeteomin "sono nostri fratelli nella fede e nella vita. Come fedeli e come Chiesa
dobbiamo impegnarci, lavorare di più affinché questi esuli dal Nord si sentano accettati
e possano vivere come viviamo tutti noi, con le stesse prospettive e speranze". È
il senso del Messaggio firmato da mons. Simone Ok Hyun-jin, presidente della Commissione
episcopale per la pastorale dei migranti e dei residenti stranieri, inviato alle diocesi
coreane in occasione della Giornata per i migranti. Il Messaggio - riporta l'agenzia
AsiaNews - si intitola "Migrazione, pellegrinaggio di fede e speranza", ed è indirizzato
alla comunità di immigrati che vive in Corea del Sud. Nel testo mons. Ok sottolinea
la necessità di cura pastorale per le nuove forme "multiculturali" di famiglia e invita
i fedeli a far maturare un nuovo senso di accoglienza nei confronti dei saeteomin,
i nordcoreani che scappano dal regime e cercano di ricostruirsi una vita al Sud.
Questi esuli sono malvisti dalla media della popolazione sudcoreana, che li considera
quasi sempre "spie del regime" e cerca di tenerli agli ultimi posti della scala sociale:
"La Chiesa - scrive mons. Ok - e tutti i fedeli devono impegnarsi per fare in modo
che questi nostri fratelli possano trovare una sistemazione dignitosa, allo stesso
livello dei cittadini sudcoreani. Lavoriamo ancora più intensamente per questo scopo".
D'altra parte, aggiunge il presule, l'accoglienza "è alla base della nostra religione.
'Ero uno straniero e mi avete accolto', dice Gesù, e allo stesso modo dobbiamo accogliere
i migranti e fare in modo che i loro diritti fondamentali siano sempre rispettati.
Dobbiamo impegnarci affinché queste persone vivano in Corea con orgoglio e tornino
nelle loro patrie con lo stesso orgoglio, non limitandosi a stare qui per essere pagati".
(R.P.)