L'impegno della Chiesa di Roma per gli immigrati: intervento di mons. Feroci dopo
l'appello del Papa
"Penso a tanti stranieri che sono qui nella diocesi di Roma: cosa facciamo per loro?".
E' durante l'udienza generale di mercoledì scorso che Papa Francesco ha voluto porre
l'accento sulla carità e l'accoglienza verso i più poveri facendo riferimento al brano
evangelico sul giudizio finale. "Questo ci dice - aggiunto il Papa - che noi saremo
giudicati da Dio sulla carità, su come lo avremo amato nei nostri fratelli, specialmente
i più deboli". Ma in che modo e con che intensità la diocesi di Roma sta rispondendo
alle esigenze degli immigrati? Federico Piana lo ha chiesto a mons. Enrico
Feroci, direttore della Caritas romana:
R. – Io credo
che il Santo Padre abbia fatto bene e faccia benissimo a ricordarcelo sempre, perché
l’accoglienza allo straniero è un dato fondamentale per la nostra fede; ce l’ha detto
il Signore, capitolo 25 di Matteo. Anche noi, come Chiesa di Roma, da tanti anni,
da 30 anni, abbiamo un discorso di accoglienza. Basta pensare al centro di ascolto
stranieri della Caritas che in questi 30 anni ha accolto, assistito, orientato, più
di 250 mila stranieri. Questi sono i dati che emergono dai nostri schedari. Penso
anche al poliambulatorio che noi abbiamo a via Marsala, dove veramente tantissime
persone sono passate per essere accolte. Lei pensi che abbiamo editato un vocabolario
cinese proprio perché una delle barriere che si trovano con gli stranieri è quella
linguistica. Anche le difficoltà culturali sono tantissime e la fruibilità delle prestazioni
negli ambienti pubblici è difficilissima. Abbiamo messo in piedi mediatori culturali
per superare questo.
D. – Diciamo che ci sono anche i volontari che aiutano…
R.
- La Caritas, fondamentalmente, è un discorso di volontariato. Se non ci fossero i
volontari, la Caritas dovrebbe chiudere, perché non si potrebbe fare niente. La Caritas
non è la risposta a tutti i bisogni e le necessità perché sono tantissime. Ma la Caritas,
come diceva Paolo VI - io lo ricordo a me stesso e agli altri - deve avere una funzione
fondamentalmente educativa, pedagogica, quindi essere uno stimolo anche alle autorità
pubbliche perché si aprano e operino…
D. – … su questo, l’appello era sicuramente
rivolto anche alle autorità cittadine: stanno facendo tutto oppure potrebbero fare
di più?
R. – Tutto no, qualcosa sì. Ma secondo me molto poco, si dovrebbe fare
di più, sentendo e capendo che la presenza di tanti immigrati - sono quasi cinque
milioni oggi in Italia - è una ricchezza e non è un peso. Sono una ricchezza per questa
nostra società e quindi il discorso deve essere di integrazione.