2013-04-27 15:09:40

Giornata dei cresimandi: decine di migliaia di ragazzi e ragazze dai cinque continenti pellegrini a Roma


Cinque continenti per 44 cresimandi, con età oscillante dagli 11 ai 55 anni. Sono loro che ieri mattina, in Piazza San Pietro, ad aver ricevuto dalle mani di Papa Francesco il Sacramento della Confermazione. Già da sabato in Vaticano, decine di migliaia di ragazze e ragazzi, di varie parti del mondo, hanno iniziato il loro percorso di fede in preghiera sulle tombe dei Papi, nel primo dei due giorni organizzati dal Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione, nell’Anno della Fede. Fabio Colagrande ne ha parlato con don Krzysztof Marcjanowicz, officiale del dicastero:RealAudioMP3

R. – I cresimandi sono persone che di per sé sono state chiamate a testimoniare la fede. Ricevono il dono dello Spirito Santo per poter presentare la fede nella vita matura, testimoniarla con la propria vita e viverla. Perciò, nell’Anno della Fede non potevano mancare proprio i cresimandi con la loro testimonianza di vita.

D. – Come avete scelto i ragazzi che riceveranno la Cresima dalle mani di Papa Francesco?

R. – I criteri erano diversi, però posso dire che il primo era quello di far venire i ragazzi da Paesi dove la libertà religiosa è spesso compromessa, quelli che hanno maggiore difficoltà, quelli che nella vita quotidiana professano spesso la fede con il proprio sangue. C’è la Nigeria, il Congo, Paesi dove uno che dice “sono credente, sono cristiano, sono una persona che crede in Gesù Cristo” rischia di essere anche ucciso a causa della propria fede. Questo è stato il nostro criterio principale. Poi, ovviamente, ci sono anche persone che devono professare la propria fede in società che sono molto avverse alla fede. Sappiamo bene come si vive la fede oggi: non è di moda e spesso i ragazzi che vogliono professarla, che vogliono testimoniarla anche nelle nostre società, nell’Europa e in America, vengono per questo derisi. Perciò, vogliamo rafforzare la loro fede mostrando proprio quel momento comune della preghiera, della gioia, che condividiamo qui in piazza San Pietro e nell’Aula Paolo VI.

D. – Oggi, lei ha incontrato queste famiglie, questi giovani, questi cresimandi: che clima c’è?

R. – Dà una soddisfazione enorme vedere questi ragazzi, sentire le loro testimonianze di vita. A dire il vero, è cambiata anche la vita delle loro famiglie. Ho già sentito alcuni che dicono che il frutto concreto di questa loro venuta è la conversione di qualche familiare. Perciò, noi vediamo come incide l’incontro tra la grazia di Dio e questi ragazzi: è la grazia che passa tramite le mani del nostro Pontefice.

Diverse le storie dei giovani cresimandi, come quella di un ragazzo di Carpi, duramente coinvolto nel sisma emiliano dello scorso anno, di cui parla don Roberto Vecchi, direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi, intervistato da Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. – Lui vive in container ancora fuori casa. Aver scelto lui è un modo per porre al centro l’attenzione verso chi sta soffrendo ma ha voglia di crescere, di diventare a sua volta portatore del Vangelo e della speranza. Quindi, si viene aiutati per poter poi aiutare meglio gli altri.

D. – E’ stato difficile mantenere la catechesi, la preparazione ai Sacramenti, durante questi mesi dopo il terremoto?

R. – Non è stato per niente facile. Un po’ perché molte famiglie si sono dovute spostare ed è cambiato proprio il tessuto sociale, i rapporti... In alcune parrocchie, si è ritardato l’inizio della catechesi ma per il resto si cerca di creare un po’ di quotidianità, di normalità. E' stato importante ripartire per dare qualche piccolo punto di riferimento in un momento in cui tanti punti e tante cose sono crollate.

D. – Quali sono stati riflessi spirituali dell’esperienza del terremoto sulla comunità di Carpi?

R. – In positivo, è stata la scoperta della solidarietà, dell’attenzione, di una maggiore disponibilità a stare insieme, a cercarsi. Però, i problemi sono così aumentati per la crisi economica che flagellava il territorio. E' come se ci fosse stata una seconda crisi economica e questo ha certamente messo alla prova tante persone e anche la loro fede.

D. – In questo senso, questo viaggio a Roma di una parte della vostra comunità assume un significato particolare?

R. – Sì, per noi è sicuramente coraggio e speranza: è ritessere tutte le relazioni e sentirsi Chiesa, una Chiesa più ampia, anche perché abbiamo bisogno di questo respiro grande in un momento in cui, per colpa del terremoto, le comunità si sono molto sparigliate, disperse. Molti hanno dovuto prendere casa altrove, oppure vivono nei moduli abitativi provvisori. E’ una situazione molto complicata. Per noi, vivere un momento di comunione così importante, addirittura con un respiro mondiale, è qualcosa che dà gioia, speranza e anche un futuro.

D. – Nella prospettiva della Nuova Evangelizzazione, quanto è importante sottolineare il valore di questo sacramento, secondo lei, nella vita dei giovani in particolare?

R. – E’molto importante se preso come un momento di approfondimento del Battesimo ricevuto. E’ un modo per sentire sempre più personalmente la chiamata a essere missionario, cioè vivere con "due polmoni": i polmoni di Pietro e di Paolo, la Chiesa, la comunione, l’evangelizzazione e la missionarietà.

Ultimo aggiornamento: 29 aprile







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