Udine. Le due Coree si incontrano al "Far East Film Festival"
Si sta svolgendo a Udine la 15.ma edizione del "Far East Film Festival" dedicato alla
produzione cinematografica del lontano Oriente, una manifestazione che fa conoscere
personalità e titoli di grande interesse culturale, sociale e politico. Protagoniste
quest’anno le due Coree, con quella del Nord che si apre a una rara coproduzione internazionale.
ll servizio di Luca Pellegrini:
Dall’Oriente
con stupore: ancora una volta il Far East Film Festival si dimostra vivace, curioso,
amato da un pubblico giovane che riempie le sale, partecipa, applaude, discute. Sono
quindici anni che la manifestazione, unica in Italia e in Europa, porta alla luce
una cinematografia altrimenti lontana, facendo conoscere autori e titoli seguiti in
patria da milioni di spettatori e che provengono dal Giappone, dalla Cina continentale,
da Hong Kong e Taiwan, dalla Thailandia e Malesia, il Vietnam, le Filippine, le due
Coree. Sono culture e stili che è importante riconoscere se si vuole davvero conoscere
il mondo in cui viviamo. Dirige la manifestazione Sabrina Baracetti, alla quale
abbiamo chiesto quali sono i temi e i problemi affrontati dai tanti registi ospiti.
R.
– Un tema comune è difficile trovarlo perché stiamo parlando di cinematografie completamente
diverse. Sono dieci le cinematografie che noi abbiamo indagato per la selezione di
quest’anno, che ha comportato la scelta di 57 film, tra cui molte anteprime internazionali
e tre anteprime europee. E' difficile quindi trovare un "filo rosso" che le colleghi.
Devo dire che la situazione del cinema giapponese, ad esempio, è particolarmente interessante,
perché il cinema giapponese esce da un anno assolutamente difficile: quello del post-terremoto
e del post-tsunami. Quindi, c’è la volontà di esplorare il genere della commedia o
della commedia romantica, senza dimenticare però anche i blockbuster che sono
creati per l’entertainment e che hanno raccolto in patria moltissimi consensi
a livello di pubblico allargato. Per quanto riguarda invece la Cina, sappiamo che
l’evoluzione del cinema è costante, che riguarda non soltanto il mondo della produzione
ma anche quello dell’esercizio. Ricordiamo che in questi ultimi anni la Cina è passata
da un numero di sale che poteva essere conteggiato in circa duemila schermi a una
situazione che è più che raddoppiata: siamo già a una quota di cinquemila schermi.
In cinque anni, la Cina – intendo la Mainland China – raggiungerà un numero
ancora più elevato di penetrazione del mercato attraverso la costruzione di nuovi
cinema e quindi probabilmente in cinque anni – ne parlavamo proprio con i produttori
che sono presenti qui – la Cina diventerà il primo mercato mondiale per quanto riguarda
il cinema. Qui, ovviamente, i conti bisogna farli con la censura che è ancora molto
forte. Le storie vengono prima valutate dal "Film bureau", per poi essere approvate
e realizzate; alcuni temi non possono essere affrontati. Non c’è quindi la possibilità
di realizzare un vero horror, oppure temi legati alla sfera sessuale non vengono
trattati… Però, c’è sicuramente un tentativo di esplorare anche altri generi: quindi,
in questo momento va molto di moda l’action e soprattutto la commedia romantica.
D.
– Grande attesa per il film nordcoreano che sarà presentato questa sera. E proprio
i film coreani sono quest’anno la rappresentanza più ampia…
R. – Oggi, sì,
presentiamo il film che è stato realizzato in Nord Corea. Volevo puntualizzare una
cosa. Il film è una delle rare coproduzioni tra la Nord Corea e alcuni Paesi, in questo
caso occidentali. Nel senso che è una coproduzione tra il Belgio, l’Inghilterra e
la Nord Corea. I dati sulla produzione cinematografica locale che provengono da questo
Paese, che sappiamo essere praticamente irraggiungibile, sono spesso dati che non
corrispondono al vero o che sono falsati. Quindi, in questi giorni c’è stata la possibilità
di approfondire con i produttori e con i registi di questo film che, ricordiamo, si
chiama “Comrade Kim Goes Flying” – la compagna Kim incomincia a volare – e abbiamo
capito che nell’ultima stagione, nel 2012, in Corea del Nord sono stati realizzati
20 film di fiction di cui soltanto una coproduzione con la Cina, che corrisponde
al titolo “Meet in Pyongyang”, un film che mostra scenografie molto spettacolari e
che non ha nulla a che fare con i film che invece vedremo questa sera. Questa sera,
quello che mostreremo è una favola, una favola che racconta la storia, il sogno di
una minatrice: il suo voler diventare una trapezista. Quindi, forse non ha niente
a che fare – anzi, non ha niente a che fare – con quello che accade realisticamente
in quel Paese. Ma l’operazione in sé è assolutamente eccezionale, perché credo che
sia stato molto difficile – e lo diranno i produttori oggi, qui a Udine – realizzare
un film e girarlo proprio nella capitale nordcoreana, coinvolgendo una troupe
completamente nordcoreana e attori nordcoreani. Questo film quindi mostra la volontà
di dialogo di questo Paese, cosa che abbiamo riscontrato anche in molti film sudcoreani:
i sudcoreani raccontano anche il loro conflittuale rapporto con al Nordcorea. Ricordiamo
che in Sudcorea esiste ancora una leghe che impedisce ai cittadini di intrattenere
qualsiasi tipo di relazione con i coreani del Nord e di poterci parlare. Quindi, oggi,
proprio a Udine, potremo anche assistere a un incontro tra i coreani del Sud e i coreani
del Nord, perché ricordiamo che qui la Corea del Sud è presente con 12 film e molti
sono registi che sono venuti e saranno qui ancora presenti a presentare le loro opere.
Quindi, ci sarà la possibilità per loro di incontrare l’attrice nordcoreana,, protagonista
del film nordcoreano, assieme alla sua produttrice.
D. – Crede che questo dialogo
cinematografico tra le due Coree possa essere di buon auspicio? R. – Sicuramente è
di buon auspicio, perché dal punto di vista umano – lo abbiamo visto e lo raccontano
gli stessi autori – c’è questa tendenza, questo bisogno, questa volontà di apertura
verso i nordcoreani. E lo dice il cinema, lo raccontano le storie che noi vediamo
sul grande schermo. Dal punto di vista politico, la situazione però – lo sappiamo
– è molto tesa. Quindi purtroppo, pur essendo il cinema uno strumento fortissimo di
trasmissione della cultura, di trasmissione della volontà dei popoli di avvicinarsi,
sappiamo che non è sufficiente.