Papa Francesco: il cristiano sia umile ma non tema di fare cose grandi
Il Papa ha presieduto, nella Domus Sanctae Marthae, la Messa nella Festa di San Marco
Evangelista: lo stile dell’annuncio cristiano – ha detto nell’omelia – è umile ma
nello stesso tempo non ha paura di operare cose grandi. Presenti alcuni membri della
Segreteria del Sinodo dei Vescovi, accompagnati dal segretario generale mons. Nikola
Eterović, e un gruppo di agenti della Gendarmeria Vaticana. Il servizio di Sergio
Centofanti:
Al centro dell’omelia
del Papa il brano del Vangelo di San Marco in cui si racconta l’Ascensione di Gesù.
Il Signore, prima di salire al Cielo, invia gli apostoli ad annunciare il Vangelo:
“fino alla fine del mondo” – dice – non soltanto a Gerusalemme o in Galilea:
“No:
in tutto il mondo. L’orizzonte … l’orizzonte grande … E come si può vedere, questa
è la missionarietà della Chiesa. La Chiesa va avanti con questa predicazione a tutti,
a tutto il mondo. Ma non va avanti da sola: va con Gesù. ‘Allora essi partirono e
predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro’. Il Signore lavora
con tutti coloro che predicano il Vangelo. Questa è la magnanimità che i cristiani
devono avere. Un cristiano pusillanime non lo si capisce: è proprio della vocazione
cristiana, questa magnanimità: sempre di più, sempre di più, sempre di più, sempre
avanti”.
La prima Lettera di San Pietro – sottolinea il Papa – definisce
lo stile cristiano della predicazione, che è quello dell’umiltà:
“Lo stile
della predicazione evangelica va su questo atteggiamento: l’umiltà, il servizio, la
carità, l’amore fraterno. ‘Ma … Signore, noi dobbiamo conquistare il mondo!’. Quella
parola, conquistare, non va. Dobbiamo predicare nel mondo. Il cristiano non deve essere
come i soldati che quando vincono la battaglia fanno piazza pulita di tutto”.
Il
Pontefice ha quindi ricordato quanto gli ha detto pochi giorni fa “un vescovo saggio”,
italiano, e cioè che alle volte noi facciamo confusione e pensiamo che la nostra predicazione
evangelica debba essere una salvezza delle idee e non una salvezza delle anime. E
ha aggiunto: “Ma come si arriva alla salute delle anime? Con l'umiltà, con la carità”.
Il cristiano – prosegue il Papa – “annuncia il Vangelo con la sua testimonianza,
più che con le parole”. E con una duplice disposizione, come dice San Tommaso d’Aquino:
un animo grande che non si spaventa delle cose grandi, di andare avanti verso orizzonti
che non finiscono, e l’umiltà di tenere conto delle cose piccole. “Questo è divino
– ha osservato - è come una tensione tra il grande e il piccolo” e la “missionarietà
cristiana” procede “per questa strada”.
Il Vangelo di San Marco – conclude
il Papa – finisce con “una frase bellissima” laddove si dice che Gesù agiva con i
discepoli, confermando “la Parola con i segni che l’accompagnavano”.
“Quando
noi andiamo con questa magnanimità e anche con questa umiltà, quando noi non ci spaventiamo
delle cose grandi, di quell’orizzonte, ma prendiamo anche le cose piccole – l’umiltà,
la carità quotidiana – il Signore conferma la Parola. E andiamo avanti. Il trionfo
della Chiesa è la Risurrezione di Gesù. Ma c’è la Croce, prima. Chiediamo oggi al
Signore di diventare missionari nella Chiesa, apostoli nella Chiesa ma con questo
spirito: una grande magnanimità e anche una grande umiltà. Così sia”.