Manifestazioni per il 25 aprile. Napolitano: fermezza e senso dell'unità
Le celebrazioni per il 25 aprile. Il presidente Giorgio Napolitano invita a seguire
lo spirito che animò la Resistenza per affrontare anche l'attuale passaggio storico.
Per Napolitano, che ha visitato il Museo di Via Tasso, in occasione della Festa della
Liberazione servono "coraggio, fermezza e senso dell'unità che furono decisivi per
vincere la battaglia della Resistenza". Alessandro Guarasci:
Il Presidente
Napolitano ha parlato di “giornate importanti”, queste. E ricordato come in tempo
di crisi, venendo in un posto come il museo di Via Tasso a Roma e, in generale, in
tutti i luoghi in cui e' cominciata la Resistenza, abbiamo molto da imparare sul modo
di affrontare i momenti cruciali. Poco prima il Presidente, assieme alle altre autorità
dello Stato, aveva deposto una corona all’Altare della Patria. La presidente della
Camera Laura Boldrini a Milano ha chiesto ''l'abolizione del segreto di Stato per
le stragi di mafia e terrorismo. A Marzabotto si è ricordato l’eccidio di 1830 persone,
in gran parte civili, commesso dai nazifascisti. Li’ numerosi fischi hanno interrotto
il discorso del Presidente del Senato Pietro Grasso, che dal palco ha chiesto di non
dimenticare il passato per costruire il futuro. A Genova il presidente della Cei il
cardinale Bagnasco ha rimarcato il valore della libertà. Ma cortei e manifestazioni
si sono svolte in tante città d’Italia. Il Presidente dell’Associazione Partigiani
Cristiani Giovanni Bianchi
R. – La democrazia non casca dal cielo, è
una conquista, anzi – come ricordava Sturzo – non è un guadagno fatto una volta per
tutte. Noi non avremmo la democrazia italiana, se non pensandola applicata alla lotta
di liberazione che, una parte, diciamo un’avanguardia, ha combattuto in montagna,
ma una grande parte – e qui soprattutto è notevole il ruolo dei cattolici – ha cambiato
le coscienze nelle città.
D. – Secondo lei, il 25 aprile ci mette in guardia
anche dai populismi?
R. – Certamente. Hitler raggiunse il potere, promettendo
la piena occupazione e realizzandola. Se poi pensiamo ai 6 milioni passati per il
camino, ai 35 milioni di morti della Seconda Guerra Mondiale, sappiamo anche il costo
di questa operazione. E noi sappiamo d’altra parte quanto oggi sia importante il lavoro,
la centralità del lavoro. Una società senza lavoro è una società disordinata. Per
questo bisogna guardarsi dai populismi, che hanno un aspetto accattivante, i cui esiti
però finiscono sempre in una determinata e tragica direzione.
D. – Il ruolo
dei cattolici – lo ricordiamo – nella resistenza fu fondamentale...
R. – C’è
stato tutto lo sforzo per disintossicare la gente, gli italiani nelle città, nelle
parrocchie, nelle fabbriche dalla propaganda del fascismo. Ed è qui che i cattolici
in particolare si sono impegnati e, direi anche, si sono distinti. Non avremmo la
resistenza senza questa trasformazione della coscienza di un popolo, dove i cattolici
sono stati presenti, non soltanto attraverso i laici, ma anche attraverso molti sacerdoti
e, addirittura con la presenza di un antifascismo, di una capacità di critica al populismo
del fascismo, che veniva esercitata dentro gli stessi seminari, come nel seminario
di Venegono nel milanese.