60 anni del Dna. Il genetista Dallapiccola: molto da scoprire, no ai brevetti sulla
"doppia elica"
Sessant’anni fa, il 25 aprile del 1953, i due scienziati James Watson e Francis Crick
pubblicarono uno studio che cambiò il corso della medicina. Per la prima volta fu
descritta la struttura fondamentale del nostro codice genetico: la doppia elica del
Dna. Un lavoro che diede l’avvio a dibattiti e sfide ancora inesplorate, ma che segnò
una svolta per la salute umana. Massimiliano Menichetti ha parlato di questo
impostante anniversario con il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico
dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù:
R. – Questa
scoperta ha comportato una rivoluzione della vita, per la semplice ragione che il
Dna è presente nelle cellule di tutte le persone e lo stato di salute e di malattia
è largamente condizionato dalle caratteristiche di questa molecola. Tutte le malattie
dell’uomo, ma anche la salute dell’uomo, sono fortemente iscritte nel nostro Dna.
Questo non deve indurci a condividere quello che pensano i deterministi, e cioè che
siamo fatti solo di Dna, perché il Dna ha anche a che fare con l’ambiente nel quale
l’uomo cresce e si sviluppa. Certamente molto è scritto nel Dna come dimostrato in
questi anni dalla scoperta della "doppia elica", si sono incominciati a comprendere
i meccanismi biologici di alcune malattie semplici, le patologie dovute alle mutazioni
di singoli geni – pensiamo alle distrofie muscolari o alla fibrosi cistica o alla
talassemia … Ma la grande sfida che ci attende ancora che è incominciare a capire
la componente ereditaria presente nelle malattie complesse, quindi quelle malattie
che colpiscono il 70-80 per cento della popolazione adulta: dall’ipertensione all’osteoporosi,
ma anche il diabete, le malattie autoimmuni, persino le malattie psichiatriche. Naturalmente,
questo è un lavoro molto più complicato.
D. – Quindi, il Dna è ancora tutto
da scoprire, in un certo senso?
R. – Tutto da scoprire, no; ma credo che ci
sia ancora molto da lavorare. Infatti, ci siamo resi conto che ciò che c’è tra la
sequenza del Dna e lo stato di salute o di malattia, sono una serie di passi intermedi
che noi chiamiamo con una serie di neologismi: il reguloma, il proteoma, il metabiloma,
il trascrittoma … termini che stanno ad identificare che sulla sequenza del Dna agiscono,
intervengono una serie di passaggi successivi. Se non decodifichiamo questo, non riusciremo
mai ad arrivare a quell’obiettivo finale che è la personalizzazione della medicina.
Ma questo, naturalmente, impiegherà ancora molti anni. E’ molto fascinoso, dal punto
di vista della ricerca scientifica, ma – naturalmente – un po’ deludente per le persone
che si attendono di avere immediatamente delle risposte.
D. – Parliamo di brevettabilità
del genoma: negli Stati Uniti, forte è il dibattito sulla brevettabilità dei geni
BRCA1 e BRCA2 impiegati nella diagnosi di cancro al seno e alle ovaie. Quando è possibile
parlare di brevetto?
R. – La presa di posizione della stragrande maggioranza
dei ricercatori è quella che il Dna non è brevettabile, per il semplice fatto che
i geni non li ha creati nessun uomo e quindi non è brevettabile ciò che ha fatto qualcun
altro. Dal punto di vista pratico, naturalmente c’è una posizione che va tenuta presente
ed è quella di coloro che investono molti soldi nella ricerca e che vorrebbero, ovviamente,
che attraverso i brevetti tornasse indietro una parte dei costi che sono stati affrontati.
La posizione è chiarita molto semplicemente: non è brevettabile come tale il Dna;
può essere brevettata la metodica attraverso la quale si raggiunge un certo tipo di
risultato. Infatti, la metodica può essere frutto dell’ingegno dell’uomo che sviluppa
un certo tipo di studio. Quindi: non è brevettabile il Dna, ma è brevettabile la metodologia
che permette lo studio di quel Dna.
D. – Alcuni ribadiscono che questo, però,
limiterebbe la ricerca, a vantaggio di chi ha il brevetto …
R. – Sì: nel caso
in cui passasse l’idea che per fare un test BRCA1 dobbiamo pagare chi ha il brevetto,
certamente questo limiterebbe anche le stesse applicazioni, non ci sarebbero problemi
se si autorizzerà la liberalizzazione dell’uso di questi test e il brevetto sarà legato
soltanto ad una metodica che sarà sviluppata dallo specifico laboratorio, dallo specifico
ricercatore.
D. – Parlare di metodica significa non appropriarsi del genoma
e quindi dell’uomo …
R. – Esattamente: nessuna proprietà sull’uomo; la proprietà
è su una tecnica che è frutto dell’ingegno dell’uomo.