India: le famiglie dei pescatori uccisi pregano per i due marò
"Le famiglie pregano per i due marò, per un loro veloce rilascio e perché venga fatta
giustizia. Non li vogliono punire, perché non hanno nulla contro di loro". A parlare
all'agenzia AsiaNews è padre Stephen Kulakkayathil, responsabile della pastorale per
la diocesi di Quilon (Kerala), a cui apparteneva Jelastine, uno dei pescatori morti
nell'incidente con l'Enrica Lexie il 15 febbraio 2012. Della sua uccisione e di quella
di Ajesh Binki gli unici accusati sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Domani
la Corte suprema dovrebbe stabilire se affidare le nuove indagini sul caso alla National
Investigation Agency (Nia, agenzia federale specializzata in antiterrorismo) o al
Central Bureau of Investigation (Cbi, polizia criminale). Il 16 aprile scorso l'Italia
ha presentato una memoria, in cui contestava l'autorità della Nia, che tra i capi
d'imputazione emessi contro i marò ne ha inseriti due che prevedono la pena capitale.
Secondo il sacerdote "i marò non verranno condannati a morte, personalmente non credo
ci sia questo pericolo, e spero che tutto si risolva in fretta". Sulla colpevolezza
dei militari, padre Stephen afferma: "Non sappiamo perché abbiano sparato, ma non
c'è dubbio che non volessero uccidere i pescatori. Non ci sono altre teorie se sia
stato qualcun altro o no. Io prego per loro, la diocesi prega per loro, le famiglie
degli uccisi pregano per loro. Hanno perso i loro cari, ma vanno avanti, sono felici
e hanno fede nella magistratura indiana. L'India farà giustizia, ne sono certo, e
non attraverso la pena di morte". (R.P.)