2013-04-24 13:18:03

Cina: 21 vittime in scontri armati nello Stato indipendentista dello Xinjiang


Tornano le tensioni nello Xinjiang, provincia cinese autonoma nord-occidentale a maggioranza musulmana, dove si registrano forti istanze indipendentiste. Dominante l’etnia sunnita degli “uiguri”. 21 le vittime di violenti scontri armati, scoppiati in seguito alla perquisizione di numerose abitazioni da parte della polizia, che stava cercando un covo di terroristi. La questione dello Xinjiang rappresenta una vera e propria spina nel fianco del governo di Pechino, già impegnato nella disputa territoriale con il Giappone e sul fronte delle altre crisi internazionali. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per il Sole 24 Ore:RealAudioMP3

R. - La questione dello Xinjiang è estremamente spinosa, però si tratta di una questione estremamente limitata: gli uiguri sono meno dello 0,5% della popolazione cinese e quelli che si ribellano sono una minoranza ancora più esigua. Detto questo, naturalmente la questione è estremamente delicata, perché convivono una questione nazionale, una questione religiosa e una di confine, infatti lo Xinjiang è una zona che si proietta nell’Asia centrale - zona estremamente delicata per la Cina e per il mondo, al confine con l’Afghanistan e con il Pakistan – ed è una questione che non si risolve da molto, molto tempo.

D. – Quali sono le richieste che vengono dallo Xinjiang?

R. – La richiesta che viene dallo Xinjiang, come anche dal Tibet, è una richiesta di indipendenza. Quindi, è una richiesta difficilmente accettabile da Pechino, anche perché c’è un aspetto estremamente delicato, nel senso che una popolazione estremamente minoritaria occupa però un territorio estremamente vasto, strategico e cruciale, anche perché possiede grandi risorse energetiche.

D. – Il fatto che la maggioranza della popolazione di questa regione sia musulmana crea un problema in più per Pechino, anche di fronte alle istanze islamiche che ci sono in altre parti del mondo?

R. – Sì. In realtà è una contraddizione profonda per Pechino, perché, per esempio, sul Medio Oriente Pechino cerca di essere non filoisraeliana quanto lo è l’America, ma in realtà proprio questo irredentismo musulmano nello Xinjiang spinge i governanti di Pechino più verso l’occidente di quanto magari vorrebbero.







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