Cina: 21 vittime in scontri armati nello Stato indipendentista dello Xinjiang
Tornano le tensioni nello Xinjiang, provincia cinese autonoma nord-occidentale a maggioranza
musulmana, dove si registrano forti istanze indipendentiste. Dominante l’etnia sunnita
degli “uiguri”. 21 le vittime di violenti scontri armati, scoppiati in seguito alla
perquisizione di numerose abitazioni da parte della polizia, che stava cercando un
covo di terroristi. La questione dello Xinjiang rappresenta una vera e propria spina
nel fianco del governo di Pechino, già impegnato nella disputa territoriale con il
Giappone e sul fronte delle altre crisi internazionali. Giancarlo La Vella
ne ha parlato con Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per il Sole 24
Ore:
R. - La questione
dello Xinjiang è estremamente spinosa, però si tratta di una questione estremamente
limitata: gli uiguri sono meno dello 0,5% della popolazione cinese e quelli che si
ribellano sono una minoranza ancora più esigua. Detto questo, naturalmente la questione
è estremamente delicata, perché convivono una questione nazionale, una questione religiosa
e una di confine, infatti lo Xinjiang è una zona che si proietta nell’Asia centrale
- zona estremamente delicata per la Cina e per il mondo, al confine con l’Afghanistan
e con il Pakistan – ed è una questione che non si risolve da molto, molto tempo.
D.
– Quali sono le richieste che vengono dallo Xinjiang?
R. – La richiesta che
viene dallo Xinjiang, come anche dal Tibet, è una richiesta di indipendenza. Quindi,
è una richiesta difficilmente accettabile da Pechino, anche perché c’è un aspetto
estremamente delicato, nel senso che una popolazione estremamente minoritaria occupa
però un territorio estremamente vasto, strategico e cruciale, anche perché possiede
grandi risorse energetiche.
D. – Il fatto che la maggioranza della popolazione
di questa regione sia musulmana crea un problema in più per Pechino, anche di fronte
alle istanze islamiche che ci sono in altre parti del mondo?
R. – Sì. In realtà
è una contraddizione profonda per Pechino, perché, per esempio, sul Medio Oriente
Pechino cerca di essere non filoisraeliana quanto lo è l’America, ma in realtà proprio
questo irredentismo musulmano nello Xinjiang spinge i governanti di Pechino più verso
l’occidente di quanto magari vorrebbero.