Il Papa nella Cappella Paolina: assurdo voler vivere con Gesù senza la Chiesa
In occasione della Memoria di San Giorgio, giorno del suo onomastico, Papa Francesco
ha celebrato stamani nella Cappella Paolina, in Vaticano, una Messa con i cardinali
residenti a Roma. Nella sua omelia il Pontefice ha ringraziato i porporati per essere
venuti a concelebrare con lui: "Grazie - ha detto - perché io mi sento bene accolto
da voi. Grazie. Mi sento bene, con voi". Commentando le letture del giorno ha sottolineato
"che proprio nel momento in cui scoppia la persecuzione, scoppia la missionarietà
della Chiesa" e i cristiani diffondono il Vangelo fino alla Fenicia, a Cipro e ad
Antiochia: "Avevano questo fervore apostolico dentro, e la fede viene diffusa così!".
Il Vangelo viene annunciato anche ai greci, cioè ai pagani: "E’ un passo in più" compiuto
per iniziativa dello Spirito Santo.
E lo Spirito Santo - ha detto il Papa
- spingeva sempre di più in questa direzione di apertura dell'annuncio del Vangelo
a tutti. "Ma a Gerusalemme qualcuno, quando ha sentito questo, è diventato un po’
nervoso e hanno inviato Barnaba in 'visita apostolica'; forse con un po’ di senso
dell’umorismo possiamo dire che questo sia l’inizio teologico della Dottrina della
Fede: questa visita apostolica di Barnaba. Lui ha visto, e ha visto che le
cose andavano bene. E la Chiesa così è più Madre, Madre di più figli, di molti figli.
Diventa Madre, Madre, Madre sempre di più. Madre che ci dà la fede, Madre che ci dà
l’identità. Ma l’identità cristiana - ha proseguito - non è una carta d’identità:
l’identità cristiana è l’appartenenza alla Chiesa, perché tutti questi appartenevano
alla Chiesa, alla Chiesa Madre. Perché, trovare Gesù fuori della Chiesa - ha sottolineato
- non è possibile. Il grande Paolo VI diceva: 'E’ una dicotomia assurda voler
vivere con Gesù senza la Chiesa, seguire Gesù fuori della Chiesa, amare Gesù senza
la Chiesa'. E' quella Chiesa Madre che ci dà Gesù, ci dà l’identità che non è soltanto
un sigillo: è un’appartenenza". Il Papa ha spiegato poi che "identità significa appartenenza"
ed è bella "questa appartenenza alla Chiesa".
Ha quindi osservato la gioia
di Barnaba quando vide che un gran numero di persone credette e si convertì al Signore:
"è la gioia propria dell’evangelizzatore. E’, come diceva Paolo VI, 'la dolce e consolante
allegria di evangelizzare'. E questa gioia incomincia con una persecuzione, con una
tristezza grande, e finisce con la gioia". E così - ha aggiunto - la Chiesa va avanti
“fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni del Signore. E così è la vita della
Chiesa. Se noi vogliamo andare un po’ sulla strada della mondanità, negoziando con
il mondo" - ha affermato - "mai avremo la consolazione del Signore. E se noi cerchiamo
soltanto la consolazione, sarà una consolazione superficiale, non quella del Signore:
una consolazione umana. La Chiesa sempre va tra la Croce e la Resurrezione, tra le
persecuzioni e le consolazioni del Signore. E questo è il cammino: chi va per questa
strada non si sbaglia".
Il Papa riflette sulla missionarietà della Chiesa:
i primi cristiani - rileva - "hanno avuto il coraggio di annunciare Gesù ai Greci,
cosa in quel tempo scandalosa". "Pensiamo a questa Madre Chiesa che cresce - ha proseguito
- cresce con nuovi figli ai quali dà l’identità della fede, perché non si può credere
in Gesù senza la Chiesa. Lo disse Gesù stesso, nel Vangelo: 'Ma voi non credete perché
non fate parte delle mie pecore!'. Se non siamo 'pecore di Gesù', la fede non viene.
E’ una fede all’acqua di rose, una fede senza sostanza. E pensiamo alla consolazione
che ha avuto Barnaba, che è proprio 'la dolce e consolante allegria di evangelizzare'".
Papa Francesco ha quindi concluso l'omelia: "chiediamo al Signore questa parresìa,
questo fervore apostolico, che ci spinga ad andare avanti, come fratelli, tutti noi:
avanti! Avanti, portando il nome di Gesù nel seno della Santa Madre Chiesa e, come
diceva Sant’Ignazio, 'gerarchica e cattolica'. Così sia". In precedenza, nel suo
indirizzo di saluto al Papa, il cardinale decano Angelo Sodano aveva fatto gli auguri
al Pontefice da parte di tutti i porporati: “Padre Santo, in questa ricorrenza i confratelli
cardinali presenti in Roma hanno desiderato stringersi intorno a lei che porta il
bel nome di questo Santo, per ringraziare insieme il Padre che sta nei cieli per i
doni che finora le ha concesso e per implorare per il futuro grazie abbondanti sul
suo ministero petrino. Con questo spirito di comunione fraterna – ha proseguito -
i cardinali qui presenti le augurano ogni bene in questo suo giorno onomastico e chiedono
per lei e per se stessi quel dono della fortezza cristiana, che lo Spirito Santo infuse
nei martiri di ogni tempo”.
In realtà – ha sottolineato il cardinale Sodano
– “fu il dono della fortezza, che lo Spirito Santo aveva infuso nel cuore del giovane
ufficiale dell'esercito romano, a portarlo ad affrontare ogni difficoltà nell'abbandonare
la sua vita militare, facendosi discepolo di Cristo e donando i suoi beni ai poveri. Lasciando
la corazza del militare, San Giorgio indossò così la corazza della fede e della carità,
nel solco del monito già rivolto dall'Apostolo Paolo ai cristiani di Tessalonica,
perché fossero: ‘rivestiti della fede e della carità come d'una corazza e della speranza
della salvezza come di un elmo’ (1 Tess 5, 8). Con lei, Padre Santo – ha proseguito
- imploreremo anche il dono della fortezza cristiana per coloro che ancor oggi soffrono
per la fede, come ai tempi di San Giorgio. In realtà, solo pochi giorni fa ella ci
ha ricordato che non è finito il tempo dei martiri! Con questi propositi noi oggi
ci stringiamo intorno a Lei e con le parole della Colletta diremo: ‘O Signore, per
intercessione di S. Giorgio sostieni la nostra debolezza e fa risplendere su di noi
la tua potenza’".