Elezioni in Paraguay: i vescovi chiedono onestà e trasparenza
Urne aperte ieri in Paraguay per le elezioni generali: presidenziali, legislative
e locali. Dopo l’uscita di scena di Fernando Lugo, destituito dal Parlamento di Asuncion
nel luglio del 2012, la sfida per la presidenza è tra il candidato del Partito Liberale,
Efrain Alegre, e quello del Partito Colorado, Horacio Cortés. Secondo i sondaggi dunque
tornerebbe al potere il Partido Colorado, che ha governato il paese ininterrottamente
dal 1946 al 2008. C’è da dire che proprio in queste ore arriva un bilancio dell'epidemia
di febbre dengue,malattia acuta tipica delle zone tropicali e subtropicali, che ha
colpito il Paraguay: si parla di 45 morti dall'inizio dell'anno. Ma sul voto di oggi,
Eugenio Bonanata ha raccolto il parere del collega Luis Badilla, esperto
di questioni sudamericane:
R. – Sembrerebbe
che questa sfida, che in certi momenti è stata molto violenta dal punto di vista verbale
tra i due candidati, la spunterà alla fine il candidato del Partito Colorado, il candidato
del partito conservatore: tutti i sondaggi lo collocano fra il 37-41 per cento. Lì
conta solo il primo turno.
D. – Qual è la priorità per il prossimo presidente
del Paraguay?
R. – Dopo la caduta, la destituzione del presidente Fernando
Lugo, il Paraguay si trova in un momento di gravissima instabilità politico-costituzionale
e per certi versi anche democratica, il che significa che la prima sfida è consolidare
il regime democratico. E’ perciò auspicabile che le elezioni siano corrette, che si
svolgano onestamente, che i risultati siano accettati da tutti e che non ci siano
le solite contestazioni, che mettono poi a rischio l’intero processo democratico.
La seconda sfida è di tipo economico: il Paese attraversa una crisi, ma non solo quella
che attraversano tutti i Paesi dell’America Latina sulla scia della crisi politico-finanziaria-economica
internazionale, ma una crisi specifica del Paraguay, legata fondamentalmente a quella
che può essere definita la scomparsa della sua struttura agricola, che era sostanzialmente
la sua forza, che non è stata sostituita da un impianto industriale efficace, efficiente
e in grado di affrontare il bisogno di avere un introito nazionale sufficiente. C’è,
quindi, un problema economico gravissimo, con un tasso di diseguaglianza sociale e
di iniquità sociale spaventoso. In terzo luogo, c’è il problema dell’inserimento del
Paraguay in un insieme di organismi regionali di integrazione economica, in particolare
il Mercosur, sui quali il Paraguay deve definire il suo ruolo, la sua missione, ma
soprattutto deve farla accettare dagli altri Paesi.
D. – I vescovi del Paraguay
in questi giorni, tra le altre cose, hanno lanciato un appello contro la compravendita
dei voti: un fenomeno diffuso nel Paese?
R. – La campagna elettorale è stata
piuttosto brutta e non solo perché violenta dal punto di vista verbale – come detto
prima – ma anche perché si sono visti - attraverso filmati clandestini, fotografie
e interviste - tentativi scandalosi di compravendita dei voti, in particolare tra
i gruppi aborigeni. Questo ha creato una situazione interna e nello sviluppo stesso
della campagna molto tesa e molto rischiosa per la sicurezza democratica del processo.
Ecco perché i vescovi, tra le tante sfide che affrontano nella loro dichiarazione,
sottolineano in particolare questa: la necessità di pulizia, di onestà e di trasparenza
dell’elezione, proprio perché vedono il tentativo da più parti – non soltanto da una
parte – di “sporcare” l’insieme del processo per poi dichiararlo non democratico,
aprendo una ulteriore crisi in un Paese che, con queste elezioni, dovrebbe superare
diverse crisi politico-istituzionali degli ultimi anni.
D. – Cosa si aspetta
il Paese dalla nuova leadership?
R. – Mi è sembrato di capire - leggendo la
stampa locale e sentendo alcune interviste – che il Paese è molto deluso dalla politica
e dai politici: cosa che, tra l’altro, non sembra molto originale, perché la vediamo
in tanti altri Paesi del mondo. C’è una disaffezione alla politica, perché vedono
che non si riesce a risolvere i problemi. Il metodo della politica dovrebbe essere
la capacità di produrre risultati: questi risultati, dopo molti anni dal ritorno alla
democrazia, non sono si vedono. Quindi da una parte c’è una nostalgia verso l’“uomo
forte”, che è una tentazione permanente in America Latina, e dall’altra parte c’è
una disaffezione della politica che è molto pericolosa, perché non è della politica
e dei politici, ma diventa anche un allontanamento dalla democrazia.