Cortile dei Gentili a Catanzaro. Mons. Bertolone: la fede promuova legalità e responsabilità
"Il nostro impegno è quello di purificare certe manifestazioni di religiosità popolare
da atteggiamenti che non hanno nulla a che fare con la fede cattolica". Lo ribadisce
mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro e Squillace, presentando
la nuova tappa italiana del 'Cortile dei Gentili', promosso sabato scorso nel capoluogo
calabrese sul tema 'Etica, religiosità e responsabilità'. La struttura vaticana dedicata
al dialogo con i non-credenti, nata per volere di Benedetto XVI e gestita dal Pontificio
Consiglio della Cultura, riprende così il suo cammino sotto il nuovo pontificato.
Ma ascoltiamo mons. Bertolone al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Dopo Palermo
ho chiesto al cardinale Ravasi se voleva salire in Calabria dal momento che il tema
della legalità, della responsabilità, è molto vivo, trovandoci in una terra bella
ma purtroppo sfortunata a causa l’una della mafia e l’altra della ’ndrangheta, che
non riesce a mettere nel giusto rilievo le grandi potenzialità che ha, per un cammino
di riflessione sull’etica, sulla religiosità popolare, sulla corresponsabilità che
tutti quanti deve coinvolgere perché il bene comune possa prevalere. Questo momento
è stato preparato da sei incontri, uno per ogni mese, sempre con due voci, un cattolico
e un non cattolico proprio perché tra i temi dell’etica e della corresponsabilità
si è cercato di far emergere sempre l’aspetto religioso della vera fede da un lato
o dall’altro lato di chi è alla ricerca della fede in cammino in questo pellegrinaggio
terreno di qualcosa che dia senso alla propria vita.
D. - Il fenomeno criminalità
organizzata spesso in Calabria è un fenomeno fortemente legato alle famiglie. Questo
dà una grossa responsabilità educativa, sia alla Chiesa sia alle famiglie stesse,
per reagire a questa piaga…
R. – Esatto, perché a differenza della Sicilia,
in Calabria della ’ndrangheta non sappiamo molto proprio perché è un fenomeno legato
alle famiglie. Però posso dire che nell’ultimo decennio cominciamo già ad avere segni
di sgretolamento di questo discorso ’ndranghetista famigliare perché cominciamo ad
avere anche pentiti. Diciamo che il lavoro della formazione delle coscienze, portato
avanti dall’episcopato calabro, dai sacerdoti, comincia a dare i suoi frutti e dobbiamo
continuare e essere molto più costanti molto più incisivi, consapevoli come siamo,
che dire Vangelo e dire ‘ndrangheta significa dire due cose completamente all’opposto.
C’è una inconciliabilità assoluta e questo deve entrare nel cuore dei fedeli. Ecco
l’occasione del Cortile dei Gentili: oltre ad avere un discorso con i fratelli non
credenti o agnostici, ha un discorso anche di purificazione della religiosità e anche
un discorso che deve andare alle coscienze perché i principi etici di legalità, di
responsabilità, abbiano a prevalere sugli altri principi di illegalità e di malavita.
D.
– Tra l’altro l’incontro di Catanzaro sarà anche l’occasione per riflettere ancora
sulla religiosità popolare del meridione, una religiosità molto forte che però a volte
è confusa con fenomeni di inquinamento criminale…
R. – Molto spesso abbiamo
infiltrazioni ’ndranghetiste o mafiose o con altre finalità che non hanno niente a
che fare con la religione, con la nostra fede, ma è un lavoro che deve andare in profondità
nel cuore dei fedeli e l’occasione del Cortile dei Gentili ci ha dato questa possibilità
e nell’ambito parrocchiale e nell’ambito delle varie aggregazioni laicali di poter
riflettere durante tutto l’arco dell’anno. Abbiamo fatto anche a livello scolastico
un concorso universitario, scuole superiori e scuole medie, e i primi 5 avranno come
premio di andare alla Gmg proprio per coinvolgere tutta quanta una diocesi - tra l’altro
è l’Anno della fede - per dare tutti i contributi che erano nelle nostre possibilità,
e continueremo a farlo, per la purificazione di alcune manifestazioni di fede che
spesso sono frammiste ad altri atteggiamenti che non hanno nulla a che fare con la
fede cattolica.