2013-04-20 07:50:19

Boston: un vero arsenale in casa dei presunti attentatori ceceni. Avevano altri obiettivi


Un team di esperti in terrorismo e' in attesa di interrogare il sospetto attentatore ceceno della maratona di Boston, arrestato venerdi', dopo l'uccisione, il giorno prima, del fratello. Il diciannovenne resta in gravi condizioni e sotto sedazione in ospedale. Intanto un vero arsenale ritrovato dalla polizia nella loro abitazione fa supporre che i due fossero pronti ad attaccare altri obiettivi. Alle vittime e ai feriti di Boston è andato ieri il ricordo dei maratoneti che hanno corso a Londra tra imponenti misure di sicurezza. Tra Washington e Mosca intanto ribadita la volontà comune di cooperare sul fronte antiterrorismo, ma per il presidente Obama mancano ancora tante risposte e c'è il rammarico che i due presunti attentatori siano crescuiti negli Stati Uniti. Come spiegare allora quanto accaduto? Benedetta Capelli lo ha chiesto ad Andrea Margeletti, analista e presidente del Centro Studi Internazionali:00:03:35:90

R. – E’ quello che è già avvenuto in altri Paesi europei. Basti pensare alla Francia o la Gran Bretagna, dove cittadini di quei Paesi hanno deciso di immolarsi, di compiere azioni terribili contro i loro connazionali. La realtà dei fatti è che noi, spesso in maniera presuntuosa, pensiamo di vivere nel migliore dei mondi possibili. Ma non tutto la pensano come noi; e non la pensano come noi cittadini che hanno fatto i nostri stessi passaggi, che hanno la nostra stessa storia e la nostra stessa educazione. Esiste, in alcuni contesti, un odio radicato, un desiderio di partecipare ad una progettualità diversa da quella che noi quotidianamente viviamo, che deve porci anche delle domande.

D. - In questo episodio di Boston c’è una matrice terroristica, ma di quale terrorismo stiamo parlando?

R. - Esistono due chiavi di lettura. Una sicuramente è quelle internazionale, del terrorismo a matrice radicale. Noi ci focalizziamo spesso, troppo, sulla realtà dei talebani o quella araba. In verità ci sono tante altre sfumature, tanti altri gruppi - pensiamo soltanto a quelli caucasici - che utilizzano la bandiera della religione per compiere atti terroristici. Ma esiste anche una chiave di lettura interna. Nascere in un contesto e berne le tradizioni, non necessariamente rende immuni da influenze malefiche

D. - Siamo di fronte anche ad “un terrorismo fai da te”?

R. - Assolutamente sì. I cosiddetti “lupi solitari”, le realtà che non partecipano a campi di addestramento, che sono a volte spettatori passivi di blog, sono assai difficili da poter intercettare e da poter penetrare dal punto di vista informativo. È la nuova grande sfida dei servizi d’intelligence delle forze dell’ordine e della polizia. Dall’altra parte, bisogna ricordare sempre di più che la Rete è un contenitore dove c’è di tutto; c’è molto di buono, ma è anche un’agorà universale dove si possono incontrare persone di idee, che non necessariamente sono in linea con il rispetto dei diritti umani e dei diritti inalienabili della persona.

D. - Al di là di questi episodi, qual è oggi il reale pericolo per gli Stati Uniti?

R. - È naturalmente il Paese più potente del mondo con maggiori responsabilità ed è – naturalmente - esposto più di altri a chi vuole contrastare “l’american way of life”. Dall’altra parte, c’è una forte collaborazione tra gli Stati Uniti e tanti Paesi europei, ma non solo. Ricordiamoci che lo smantellamento di Al Qaeda nella sua forma tradizionale, quella dell’11 settembre, non sarebbe stata possibile senza la collaborazione prima di tutto dei servizi di sicurezza e d’intelligence dei Paesi islamici e non soltanto arabi.

D. - I due presunti attentatori sono ceceni: quali sono le tensioni che percorrono quest’area di mondo?

R. – È un luogo doloroso, ed è per questo che la collaborazione anti–terroristica tra Stati Uniti e Russia, da quel punto di vista, è sempre stata un po’ a singhiozzo perché il rispetto dei diritti umani da quelle parti – da parte di tutti, non solo da parte dei ribelli, dei rivoltosi – è un po’ labile. È una terra di confine nell’accezione più terribile del termine. Molti ceceni hanno combattuto, e continuano a combattere anche in Afghanistan. Questo vuol dire che il desiderio di esportare la loro lotta, non è soltanto limitata alle zone che ritengono come loro contesto naturale.







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