Nepal: denunciati aborti forzati per controllare le minoranze religiose
In Nepal, la National Women Commission (organizzazione del Governo nepalese che protegge
i diritti delle donne) ha denunciato la pratica, seguita da un numero crescente di
medici, di costringere le donne a compiere aborti forzati e illegali. Ne riferisce
l’agenzia AsiaNews, che ha riportato le parole di Mohana Ansari, portavoce della Commissione:
"Se una ragazza rimane incinta è suo diritto dare alla luce il bambino, ma molti medici
continuano ad abusare del loro potere e per questa ragione ci rivolgeremo alla Corte
Suprema". La Ansari ha portato alla luce casi di donne incinte rinchiuse in stanze
anguste per dei controlli e poi violentate. "Una ragazza – ha spiegato – ha mostrato
un video girato da un ginecologo per mostrare la sofferenza di un parto e convincere
così le giovani donne, soprattutto quelle più povere, ad abortire". Secondo la Ansari,
alla base del fenomeno degli aborti forzati ci sarebbero ragioni religiose ed economiche:
limitare intanto le nascite delle minoranze cristiane e musulmane, ma anche girare
video scandalosi che mostrino le parti intime delle giovani donne, o ancora incassare
denaro pubblico destinato agli aborti terapeutici. Dal 2002 in Nepal è legale l’interruzione
della gravidanza ma soltanto in caso di rischio per la salute della donna o del bambino,
nei casi di stupro, o se la donna è incapace di intendere e di volere. L’aborto selettivo
o forzato è illegale. Secondo le leggi nepalesi sarebbe possibile punire questi medici,
provando le violazioni etiche e professionali, ma non è facile, come ha spiegato l’attivista
per i diritti umani Mera Dhungana: “Dietro agli aborti illegali vi sono molti interessi.
I medici che lo praticano spesso sono protetti dai politici o dai leader religiosi".
(E.S.)