Convegno delle Caritas diocesane: è l'ora della carità intelligente
In Italia la crisi economica ha provocato un forte aumento della povertà: nei primi
sei mesi del 2012, il 15,2 % in più di italiani, rispetto all’anno precedente, si
sono rivolti ai Centri di ascolto Caritas. Una domanda incalzante che richiede risposte
concrete di diverso tipo. Di tutto questo si è parlato a Montesilvano, in privincia
di Pescara, al 36.mo Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Cinque gli ambiti
di confronto a cui hanno partecipato i circa 600 delegati di 158 Caritas di tutta
Italia: migranti, famiglie, giovani, solitudini e dipendenze. Antonella Palermo
ha chiesto a Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di
Caritas italiana, come sia cambiato il modo di sostenere le persone in difficoltà
in questi ultimi anni:
R. – Abbiamo
bisogno sempre di più di una carità "intelligente", di una carità documentata, di
una carità seria, anche organizzata. In questo senso, sta veramente cambiando negli
ultimi anni il nostro modo di vivere la carità. Avevamo già fatto i passi nei decenni
precedenti, passando dall’assistenza alla promozione umana, allo sviluppo. Adesso,
ci sono nuove sfide, come il tema della finanza, per esempio, che ci impone delle
risposte. Abbiamo quindi aperto sportelli specifici per gli imprenditori, per evitare
ulteriori suicidi. Abbiamo avviato tutta una serie di iniziative legate al microcredito
e quindi una finanza vissuta positivamente. Abbiamo migliorato gli sportelli di carattere
psicologico per la crisi, che vediamo come spesso frantumi dal di dentro le famiglie.
La perdita del lavoro, infatti, provoca un crollo dal punto di vista psicologico,
sociale e collettivo. Ci vengono, dunque, richieste forme nuove di carità, forme intelligenti,
che sappiano poi fare anche rete con altre strutture del territorio. Non lavorare
quindi da soli, ma in un quadro più ampio.
D. – Caritas italiana è impegnata
a fronteggiare tante emergenze legate alla povertà, ma come garantire la trasparenza
in questi aiuti?
R. – Per quanto riguarda gli aiuti, un tema molto importante
è la trasparenza. Non basta più la fiducia nella realtà, nell’istituzione che ben
gestisce i fondi raccolti: occorre mostrarlo e dimostrarlo costantemente con i fatti.
La pubblicazione, la certificazione dei propri bilanci, il rendere conto di quanto
si fa nei dettagli, il mostrare oltre i numeri i volti, le foto, i video e usare tutti
i canali comunicativi contemporanei, per far vedere che un intervento anche andato
a buon fine, per esempio, è sostenibile nel tempo.
D. – La crisi economica
aumenta la solidarietà o la frena?
R. – Generalmente, direi che l'aumenta almeno
a livello delle intenzioni, nei rapporti di vicinato, di quotidianità, di capire cosa
vuol dire essere nel bisogno. Penso al debito dei Paesi poveri: adesso che noi abbiamo
il problema finanziario, capiamo di più quello che prima riguardava altri. Diminuisce,
però, certamente il contributo economico delle persone, perché la crisi colpisce duramente
l’Italia, in particolare, ma non solo, e quindi certamente il contributo economico
che la gente può dare comincia a segnare il passo.