Tibet. Si autoimmola una giovane madre: sale a 115 il numero delle vittime
Una giovane madre di 20 anni si è auto immolata per protestare contro la politica
cinese nel Tibet, chiedere il ritorno del Dalai Lama e una vera libertà religiosa
per la regione. La sua morte porta a 115 il numero totale dei tibetani che hanno scelto
questa drammatica forma di protesta contro le politiche cinesi. La donna, identificata
come Jugtso, lascia il marito e la figlia di 3 anni. Secondo alcune fonti locali
riprese dall'agenzia AsiaNews, il suicidio è avvenuto nei pressi del monastero Jonang
a Rangtang (Dzamthang in tibetano, nella zona orientale di Ngaba). Si tratta di un'area
a maggioranza tibetana della provincia cinese del Sichuan, teatro di un grande numero
di auto-immolazioni. Qui sono morti Kalkyi e Rikyo - due donne e madri di 30 e 33
anni - e due cugini. Dopo la morte, i monaci hanno portato il corpo di Jugtso nel
luogo di culto per le cerimonie religiose ma le autorità hanno ordinato - andando
contro il rito tradizionale - di cremare il corpo della vittima. Migliaia di persone
hanno assistito alla cremazione: secondo una fonte locale "è l'unico modo che abbiamo
per mostrare solidarietà con la vittima e con la sua famiglia". Alistair Currie, portavoce
del gruppo inglese Free Tibet, commenta: "Questa morte dimostra che neanche tutta
la forza del governo cinese può impedire al popolo di protestare. L'auto-immolazione
è infatti una protesta, non un suicidio, e fino a che le richieste del popolo non
saranno ascoltate ogni forma di protesta andrà avanti". Il Dalai Lama - che Pechino
accusa di "orchestrare" le immolazioni - ha più volte chiesto ai propri fedeli di
"mantenere il valore della vita al primo posto" e ha ricordato che "la protesta può
e deve essere portata avanti con altri mezzi". Il leader religioso ha però riconosciuto
di "non poter neanche comprendere" tutto il dolore del suo popolo. (R.P.)