2013-04-17 15:17:09

Sant'Egidio: Progetto Dream contro la mortalità materna in Africa pe Aids


Un impegno per le madri dell’Africa: è quello che si sono assunti Msd Italia e la Comunità di Sant’Egidio con una collaborazione, presentata a Roma, mirata a ridurre la mortalità materna del 75% entro il 2015. Il servizio di Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

287 mila: è il numero di donne morte nel solo 2010 per le complicanze di una gravidanza o di un parto. La stima è dell’Organizzazione mondiale della sanità che avverte: nei prossimi dieci anni il numero di decessi potrebbe salire a tre milioni, e quasi tutti nei Paesi in via di sviluppo. A causa della mortalità materna, si contano oltre un milione di orfani l’anno, inoltre i bimbi che sopravvivono alle loro madri hanno maggiori probabilità di morire prima dei due anni. Il colosso farmaceutico MSD già nel 2011 presentò all’Assemblea generale dell’Onu un progetto di 500 milioni di dollari da investire in dieci anni per salvare tre milioni di vite entro il 2015, il che corrisponde a uno degli Obiettivi del Millennio sanciti dall’Onu, ossia la riduzione della mortalità materna del 75%. Nell’ambito di questo progetto, MSD Italia ha scelto di finanziare con 1 milione e 300 mila dollari il Programma "Dream" della Comunità di Sant’Egidio per la prevenzione e il trattamento dell’Aids in Africa. Partito nel 2002 in Mozambico, oggi "Dream" si è esteso ad altri dieci Paesi africani e si concentra in particolare sulla trasmissione verticale (durante la gravidanza) dell’Hiv tra madri e figli. Ogni anno, in Africa sono circa un milione e 400 mila i casi di gravidanza in donne infette da Hiv, con la conseguente infezione di 350mila neonati. In 11 anni il Programma "Dream" ha seguito e curato 200mila persone, ha creato 38 centri di cura nei Paesi interessati e 20 laboratori, ha formato personale sanitario, ha ridotto al minimo la trasmissione dell’Hiv da mamma a figlio. "Dream" ha raggiunto traguardi strabilianti, dice Paola Germano direttore esecutivo del Programma:

R. – I risultati sono enormi e neanche noi ci aspettavamo. Il lavoro che abbiamo cominciato a fare si è quasi moltiplicato: abbiamo moltiplicato le energie, gli sforzi e poi soprattutto abbiamo portato con noi tanti africani, che hanno cominciato a lavorare per il Progetto. Quindi, i risultati sono anche dovuti a questo. Soprattutto, sono dovuti anche al fatto che i Paesi, i governi, i Ministeri della sanità di questi Paesi hanno cominciato a capire che il nostro approccio aveva successo, c’erano dei risultati concreti nella vita della gente. Questo ha fatto molto la differenza e ha moltiplicato anche i risultati. Personalmente, una cosa di cui sono molto orgogliosa sono tutti questi medici, infermieri, biologi, attivisti, tutto questo personale sanitario e sociosanitario dei vari Paesi africani formato bene, che oggi è in grado di fare lo stesso lavoro che sono in grado di fare io. Il segreto del successo e del risultato è dovuto anche a questo: avere oggi una generazione di personale sanitario in Africa che è in grado di lavorare bene e ottenere dei risultati efficaci sulla cura. Un’altra cosa molto importante è questa crescita di opinione pubblica, dovuta anche a questa grande associazione di sieropositivi che però è un “ariete”: un “ariete” nei singoli Paesi, un “ariete” all’interno dell’Africa, e anche fuori dall’Africa, per creare un’opinione pubblica non soltanto per la difesa dei diritti umani, del diritto alla salute delle persone con Hiv, ma anche per l’abbattimento dello “stigma”. Queste donne che dall’inizio hanno sposato la causa, che ci hanno messo la faccia, hanno cominciato a non aver paura di dire: “Io sono sieropositiva” e questo ha prodotto un cambiamento culturale enorme nei Paesi, del quale oggi usufruiscono molte donne ed anche molti altri malati.

D. – Sono dieci i Paesi nei quali "Dream" è attivo. Questo abbattimento dello “stigma”, questo consenso così allargato l’avete trovato ovunque?

R. – Dipende dai Paesi e dipende dalla storia. Il discorso del Mozambico può essere sovrapponibile sicuramente a quello del Malawi, ma noi abbiamo anche un forte gruppo di lobby, di advocacy in Paesi come la Guinea Conakry. Un Paese quasi completamente musulmano, in cui il lavoro è stato più difficile, e dove però le donne hanno trovato una loro forza, una loro dignità, nel quale vengono fuori delle potenzialità e anche un po’ di coraggio di battersi non solo per sé, ma anche per gli altri.

Cacilda Isabel Massango, mozambicana, ha 36 anni, dopo la nascita di sua figlia, nel 2002, scopre di essere sieropositiva e con lei anche la bimba. La cura antiretrovirale le ha salvate entrambe. Oggi, è tra gli attivisti dei centri "Dream", il suo coraggio sostiene gli altri malati, la sua testimonianza dà speranza:

R. – E’ stata una sfida per tutti noi. Grazie a questa associazione che abbiamo creato, abbiamo ripreso le forze. Tutti noi che abbiamo questa malattia siamo riusciti a fare tante cose che si credeva potessero fare solo le persone non malate. Invece, quando noi stessi diventiamo protagonisti della nostra cura, dei nostri trattamenti, diventiamo anche persone di riferimento nella società: allora qualcosa cambia e lo sguardo delle persone si fa più rispettoso.

D. – Voi siete tutti in cura con il programma "Dream". Come lavorate con la vostra associazione?

R. – Noi facciamo tante cose nei vari centri "Dream": aiutiamo ad accogliere i pazienti, aiutiamo con la nostra testimonianza coloro che vengono al centro per la prima volta, diciamo loro che tutti possono guarire e li spingiamo a credere che sarà così; spieghiamo alle mamme in gravidanza che è possibile avere un bambino sano e facciamo vedere loro i bambini nati sani grazie al programma. E poi aiutiamo anche i medici, che tante volte non hanno tempo per stare con i pazienti. Insegniamo loro come mangiare bene, come prendere bene i farmaci, come rispettare gli orari. Insegniamo loro anche a curarsi, perché alcuni non vogliono farlo, non vogliono sottoporsi al test, hanno paura dello stigma, della discriminazione, hanno paura perché la maggior parte delle volte si dicono tante cose che non sono vere. Noi aiutiamo a dire la verità: che tutti possono curarsi, e così guadagniamo le vite delle persone.

D. – E così tu hai guadagnato la tua vita, e quella di tua figlia...

R. – Sì, con molta forza, con molta gioia e anche con molta speranza. Il mio sguardo non è più quello di dieci anni fa. Sono andata parecchio avanti e sono successe tante cose belle. Ho fatto in modo che tante persone potessero curarsi e che tante donne potessero partorire bambini sani. E’, dunque, una felicità enorme. Ho ogni giorno un motivo in più per vivere.

Ultimo aggiornamento: 18 aprile







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