Giornata mondiale dell’emofilia, nel mondo oltre 7 milioni le persone colpite
Ricorreva ieri la Giornata mondiale dell’emofilia, una patologia che impedisce la
coagulazione del sangue provocando emorragie sia interne sia esterne. Quando si formano
ematomi, sangue nelle articolazioni, il paziente arriva ad avere serie difficoltà
motorie. Nel mondo sono oltre 7 milioni gli emofilici, in Italia circa settemila.
Sulle forme di emofilia più frequenti ascoltiamo, al microfono di Eliana Astorri,
il prof. Raimondo De Cristofaro, responsabile del Centro Emofilia e del Servizio
malattie emorragiche e trombotiche del Policlinico Universitario Agostino Gemelli
di Roma:
R. - Entrambe
le forme di emofilia più frequenti, cioè l’emofilia A e l’emofilia B, sono dovute
a carenza di un singolo fattore della coagulazione. La sintomatologia è ovviamente
di tipo emorragico in entrambi i casi, sebbene nell’emofilia A la gravità delle forme
emorragiche è maggiore rispetto a quella dell’emofilia B.
D. - L’emofilico
è quella persona che nel caso si ferisca, il suo sangue ha difficoltà a coagularsi,
per cui la ferita fa difficoltà a richiudersi…
R. - Sì. Ma soprattutto i pazienti
affetti da emofilia sono soggetti a emorragie profonde, che corrispondono quindi a
tessuti muscolari e osseo-articolari. Questo può determinare una fuoriuscita di sangue
anche di 600 ml di sangue, sottoponendo poi questi soggetti stessi anche a rischio
di anemia.
D. - Colpisce di più gli uomini, o prettamente gli uomini?
R.
- Colpisce quasi prevalentemente gli uomini, perché nell’emofilia A e B il gene responsabile
di questa malattia è presente sul cromosoma sessuale X, e quindi normalmente sono
le donne ad essere solamente portatrici del gene.
D. - Nel caso in cui la cute
venga ferita, si vede quello che succede. Ma nell’altro caso, come si fa a capire
che è in corso questo processo di emorragia interna?
R. - Il sintomo fondamentale
è il dolore accompagnato - nel caso dell’ematoma muscolare e ancora di più nel caso
di questa presenza di sangue nell’articolazione - da da un gonfiore della parte coinvolta.
Quindi, le sedi più frequenti - ad esempio - sono la coscia o l’articolazione stessa
come quella del ginocchio, o dell’anca, o della caviglia, che si gonfiano e sono responsabili
di sintomatologie dolorose molto pesanti, quindi avvertite a volte anche dal paziente
prima ancora che abbiano e raggiungano determinate dimensioni.
D. - Ma la diagnosi
è clinica?
R. - La diagnosi è clinica anche sulla base dell’anamnesi, allorquando
interrogando i genitori e soprattutto la mamma, si sappia dell’esistenza di casi analoghi
in altri membri della stessa famiglia, soprattutto quando i pazienti colpiti siano
prevalentemente di sesso maschile. Questi sintomi accompagnano il paziente affetto,
soprattutto intorno al primo anno di vita, quando il bambino colpito dalla malattia
comincia a deambulare, a gattonare, esponendo quindi alcune parti del corpo a quei
piccoli traumatismi che caratterizzano queste fasi dello sviluppo del bambino.
D.
- Quando si è in pericolo di vita?
R. - Il pericolo di vita si può presentare
quando l’emorragia può colpire territori non comunemente colpiti spontaneamente, come
ad esempio quello celebrale. Purtroppo sono stati riscontrati dei casi di decesso
anche post partum, quando il parto è stato particolarmente difficoltà e non si sapeva
dell’esistenza di tale patologia. E può essere molto grave la situazione di emissione
di ingenti quantitativi di sangue nel nostro organismo, tali da determinare il cosiddetto
“shock emorragico”: la perdita improvvisa e ingente di quantitativi di sangue tali
da determinare un’anemizzazione improvvisa del paziente, con tutte le conseguenze
del caso, fino appunto ad arrivare al decesso.
D. - Quali terapie vengono adottate?
R.
- La terapia ha subito dei miglioramenti incredibili. I pazienti ricevono i fattori
carenti - il fattore ottavo e il fattore nono - sia sotto forma di materiale purificato
da sangue di donatori, sia il cosiddetto ricombinante, cioè prodotto per ingegneria
genetica, ma caratterizzato da elevatissimo grado di purezza e, soprattutto, da notevolissimo
grado di sicurezza infettivologica.
D. - Qual è la qualità della vita di queste
persone?
R. - La qualità della vita è assolutamente paragonabile a quella dei
soggetti non emofilici. L’unica limitazione è legata alla modalità di somministrazione
di questi fattori che avviene per via endovenosa.
D. - Lei crede nell’importanza
del ruolo di queste giornate che vengono dedicate alle varie patologie?
R.
- Credo assolutamente che queste iniziative siano importantissime, soprattutto per
la sensibilizzazione del mondo amministrativo e politico, affinché si raggiunga per
quanto riguarda il territorio italiano - ma anche ovviamente presso altre nazioni
- lo stesso livello di accuratezza dell’assistenza a questi pazienti, evitando quindi
situazioni di squilibro dei livelli di qualità di assistenza nei vari punti del territorio
nazionale.