Violenze anticristiane in Egitto. Padre Ianniello: cultura e solidarietà per promuovere
la convivenza
In Egitto, dopo le nuove violenze anticristiane degli ultimi giorni, la comunità ecclesiale
vive momenti di forte preoccupazione: la difficile situazione politica, la povertà
in aumento, la convivenza non facile con i musulmani. Serena Picariello, del
Franciscan Media Center, ne ha parlato con padre Vincenzo Ianniello, in visita
a Gerusalemme, ormai da anni direttore del Centro di studi del Musky, quartiere popolare
del Cairo dove sorge il convento francescano della Custodia di Terra Santa:
R. - Quello
che si sente dire in Occidente, qualche volta non corrisponde del tutto alla realta’
… l’Egitto non è un piccolo villaggio, anzi: l’Egitto è fatto di tante situazioni
geografiche che bisogna saper distinguere: non solamente geografiche ma purtroppo
anche culturali. Questi ultimi scontri che ci sono stati la settimana scorsa nascono
da un fatto culturale, di separazione tra mondo cristiano e musulmano, come se l’uno
volesse prendere il sopravvento sull’altro. Se ne sentono con una certa regolarità…
D.
– Dove si verificano in particolare?
R. - Proprio nei posti dove c’è meno
cultura. Questo non toglie che ci sia una certa preoccupazione tra la gente che dice:
‘Adesso che i Fratelli musulmani arriveranno al potere, cosa accadrà?’. Infatti, loro
continuano a dire di voler stabilire la legge islamica, la sharia, come se un ritorno
al passato fosse la soluzione dei problemi. Questo chi lo pensa? Può pensarlo gente
che non ha una cultura, che non sa guardare al futuro … per molti musulmani questo
è evidente, e vorrebbero ricreare questi rapporti.
D- . Che esperienza ha
al riguardo?
R. - A ottobre sono stato nominato visitatore generale per la
comunità francescana dell’Egitto e ho avuto la possibilità di visitare un villaggio
dove c’è una tensione altissima tra cristiani e musulmani. Non c’è la chiesa perché
è stata distrutta, volevano ricostruirla e l’hanno impedito, hanno fatto delle impalcature
di legno e gliel’hanno bruciate … Questo frate, la prima cosa che ha fatto è stato
cercare di creare buoni rapporti tra cristiani e musulmani, e così ha cominciato ad
andare casa per casa dai musulmani…
D. - E cosa è accaduto dopo?
R.
- Da quello che mi raccontavano, da una tensione altissima, scontri e qualche morto,
si è passati ormai a dei buoni rapporti.
D. Come vive la gente in Egitto?
R.
- La gente vive veramente in uno stato di povertà assoluta: circa la metà della popolazione
vive in questa situazione, veramente non hanno da mangiare … Io lo vedo, perché questa
è gente che viene da noi: generalmente, anche se noi siamo latini, sono quasi tutti
copti ortodossi; vengono qui e hanno bisogno di tutto. Hanno bisogno per la casa,
e noi ogni mese paghiamo loro gli affitti, o troviamo nuove case; hanno bisogno di
ospedali, continuamente viene gente da noi a chiedere medicine, cure e altre cose
… Hanno bisogno per le scuole: il livello scolastico è molto, molto basso e quindi
per imparare qualcosa bisogna andare alle lezioni private, che però costano anche
50 lire a lezione; e chi prende uno stipendio – quelli che ce l’hanno – di 300, 400,
500 lire, non possono permettersi di pagare per i figli 50 lire a lezione!
D.
– Avete altre iniziative?
R. - Abbiamo un giardino di infanzia, soprattutto
per i bambini più poveri; poi c’e’ padre Antonio che, nonostante la sua malattia,
ha aperto un hadan, cioe’ un giardino di infanzia per gli zabalin, quelli che raccolgono
le immondizie. Ha preso delle ragazze che conosceva, le ha spinte a studiare, a interessarsi
… sono diventate valide collaboratrici. Mi diceva una di queste ragazze: ‘Vedi, costa
molta fatica, molto sacrificio, perché sei tutta la giornata lì: anche la domenica
non siamo libere perché c’è scuola e noi seguiamo il programma governativo. Però,
quando viene una bambina e ti dice: ‘Sai maestra, io sono molto contenta di te, eccetto
una sola cosa: sei così brava che mi dispiace che tu non sia musulmana!’. E lei le
ha risposto: ‘Forse sono così brava proprio perché sono cristiana!’.