Papa Francesco nella Basilica di San Paolo: l'incoerenza mina la credibilità della
Chiesa
Il Signore “ci invia ad annunciarlo con gioia come il Risorto”. E’ un forte invito
alla testimonianza con la parola e con la vita, che Papa Francesco rivolge nella Messa
presieduta domenica pomeriggio in occasione della sua prima visita alla Basilica di
San Paolo fuori le Mura. A concelebrare con lui anche Dom Edmund Power, padre Abate
dell’Abbazia di San Paolo e il cardinale James Michael Harvey, arciprete della Basilica
papale, che gli ha rivolto un indirizzo di saluto. Numerosi i presenti. All’inizio
il Pontefice è sostato in preghiera al Sepolcro di San Paolo e ha incensato ilTrophæundell’Apostolo. Il servizio di Debora Donnini:
San Paolo ha
annunciato il Signore con la parola, lo ha testimoniato con il martirio e lo ha adorato
con tutto il cuore. Partendo dalla figura dell’Apostolo delle Genti, di Pietro e degli
altri Apostoli, l’omelia di Papa Francesco si dipana su tre verbi: “Annunciare, testimoniare,
adorare”. Riferendosi alla prima lettura, il Papa ricorda come gli Apostoli annuncino
con coraggio quello che hanno ricevuto. Non li ferma il comando di tacere, non li
ferma l’"essere flagellati” o “il venire incarcerati”. “E noi?”, si chiede il Papa:
“Sappiamo
parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in famiglia, con le persone che
fanno parte della nostra vita quotidiana? La fede nasce dall’ascolto, e si rafforza
nell’annuncio”.
L’incontro con Cristo dà una direzione nuova e dunque gli
Apostoli rendono testimonianza anche con la vita. Nel Vangelo proclamato Cristo ricorda
a Pietro che quando sarà vecchio, un altro lo porterà dove lui non vuole:
“E’
una parola rivolta anzitutto a noi Pastori: non si può pascere il gregge di Dio se
non si accetta di essere portati dalla volontà di Dio anche dove non vorremmo, se
non si è disposti a testimoniare Cristo con il dono di noi stessi, senza riserve,
senza calcoli, a volte anche a prezzo della nostra vita. Ma questo vale per tutti:
il Vangelo va annunciato e testimoniato”.
Come in un “grande affresco”
vi sono tanti colori e sfumature, così certamente anche la testimonianza della fede
ha tante forme. “Nel grande disegno di Dio” – afferma il Pontefice – ogni dettaglio
è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta
di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia,
di lavoro, di amicizia”. “Ci sono i santi di tutti i giorni”, “i santi nascosti”,
“una sorta di classe media della santità, come diceva uno scrittore francese”, “di
cui tutti possiamo fare parte”. Ma, rileva ancora, “in varie parti del mondo c’è anche
chi soffre, come Pietro e gli Apostoli a causa del Vangelo; c’è chi dona la sua vita
per rimanere fedele a Cristo con una testimonianza segnata dal prezzo del sangue”.
“Ricordiamolo bene tutti”, dice Papa Francesco: “Non si può annunciare il Vangelo
di Gesù senza la testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve
poter leggere nelle nostre azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere gloria
a Dio”:
“Mi viene in mente adesso un consiglio che San Francesco di Assisi
dava ai suoi fratelli: 'Predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le
parole'. Predicare con la vita, la testimonianza. L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori
tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la
credibilità della Chiesa”.
Ma annunciare e testimoniare sono possibili
solo se “siamo vicini a Lui”. “Questo è un punto importante per noi”, dice il Papa:
“Vivere un rapporto intenso con Gesù, un’intimità di dialogo e di vita”. “Vorrei che
ci ponessimo tutti una domanda: Tu, io, adoriamo il Signore?”, chiede Papa Francesco
ricordando cosa significhi adorare il Signore: “Fermarci a dialogare con Lui”, “credere,
non semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita”, “vuol dire
– prosegue il Pontefice – che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio
della nostra vita, della nostra storia”. Fare questo, spiega, ha una come conseguenza
nella nostra vita di spogliarci dei “tanti idoli piccoli e grandi” nei quali molte
volte “riponiamo la nostra sicurezza” e che spesso teniamo ben nascosti come “l’ambizione,
il carrierismo, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi, la tendenza
a prevalere sugli altri, la pretesa di essere gli unici padroni della nostra vita”
e ancora “qualche peccato a cui siamo legati, e molti altri”:
“Questa sera
vorrei che una domanda risuonasse nel cuore di ciascuno di noi e che vi rispondessimo
con sincerità: ho pensato io a quale idolo nascosto ho nella mia vita, che mi impedisce
di adorare il Signore? Adorare è spogliarci dei nostri idoli anche quelli più nascosti,
e scegliere il Signore come centro, come via maestra della nostra vita”.
Il
Signore “ci ha fatto il grande dono di sceglierci come suoi discepoli” e ci invita
– conclude il Papa – ad annunciarlo come il Risorto con la parola e la testimonianza
della nostra vita spogliandoci degli idoli e adorando Lui solo.
Al termine
della Messa, il Papa si è recato nella Cappella del Crocifisso per venerare l’icona
della Madonna Theotokos Hodigitria (XIII secolo), davanti alla quale il 22 aprile
1541 Sant’Ignazio di Loyola e i suoi primi compagni fecero la loro professione religiosa
solenne, evento fondamentale per la nascente Compagnia di Gesù.