Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
Nella terza Domenica di Pasqua, la liturgia presenta il passo del Vangelo in cui Gesù
risorto appare agli Apostoli sul Lago di Galilea, dopo una lunga notte passata a pesca
senza prendere nulla. Il Signore li esorta:
«Gettate la rete dalla parte
destra della barca e troverete».
Su questo brano evangelico ascoltiamo
una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio
Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:
Il tempo di
Pasqua è tempo di manifestazione del Signore, di intimità, di “quotidianità” con Lui.
Appare vivo a noi, suoi discepoli di oggi, per costruire la nostra fede. Il Vangelo
di oggi rivela questa presenza del Signore nella vita di ogni giorno. Cristo è risorto
dai morti, è apparso già due volte ai suoi discepoli, ma essi sono ancora come storditi:
non lo hanno riconosciuto. Il Signore ha fatto annunciare loro dalle donne che sono
andate al sepolcro, di recarsi in Galilea, al monte che aveva loro indicato (Mt 28,16),
il Monte delle Beatitudini secondo alcuni esegeti, perché là essi lo vedranno (cf
Mt 28,10). E così sono tornati a casa, alle loro abitudini, alla pesca. Ma durante
tutta la notte, pur essendo gente di mare, non pescano nulla. Il Signore era stato
molto chiaro con loro: “Senza di me non potete far nulla”. Ma è difficile accettarlo.
Pieni di stanchezza e di delusione vanno verso riva. E là “sta” il Signore, che li
attende: “Gettate la rete in mare…”. Il primo apostolo che reagisce davanti alla pesca
miracolosa è Giovanni: “È il Signore”, grida a Pietro. Il primo a correre a riva è
Pietro. Gesù dice ai suoi apostoli: “Venite a mangiare”. E, con gesto eucaristico,
domenicale, prende il pane e lo dà loro, e così pure fa con il pesce. Il brano del
Vangelo di oggi si conclude con il dialogo tra Gesù e Pietro: “Mi ami tu più di costoro?”,
fino a strappargli, la terza volta, quell’accorato: “Signore, tu conosci tutto; tu
sai che io ti voglio bene”. Facciamo nostra oggi questa confessione di Pietro ed ascoltiamo
la bellezza di quel: “Seguimi”.