Gallo: Consulta spesso ignorata. Sulle unioni gay il commento di Mirabelli
Una ''raccomandazione'' a modificare l’attuale "legge elettorale'' à arrivata oggi
dal presidente della Corte costituzionale, Franco Gallo, nel corso della relazione
2012 della Consulta. Gallo ha anche chiesto che il parlamento regolamenti le coppie
omoesessuali. Alessandro Guarasci:
La legge elettorale
è al centro delle attenzioni della Consulta. Per il presidente Gallo, il "Porcellum"
è un sistema che per alcuni aspetti, come il premio di maggioranza, è sospettato di
incostituzionalità''. Anche per questo, bisogna cambiare. E il presidente Gallo invita
a fare presto, perché su questo, come su tanti altri fronti, da parte della Corte
Costituzionale sono arrivati molti “inviti” a cui “è spesso accaduto che il parlamento
non abbia dato seguito”. Poi, un invito a legiferare sulle unioni tra persone dello
stesso sesso, seppur “nei modi e nei limiti più opportuni”. Su questo aspetto, sentiamo
il commento del prof. Cesare Mirabelli, presidente della Consulta nel 2000:
R.
– La giurisprudenza della Corte costituzionale riconosce che il matrimonio ha una
particolare protezione costituzionale, ed è quello che l’art. 29 della Costituzione
prevede e tutela come fondamento della famiglia. L’ipotesi nella quale ci si muove
è quella della tutela di una formazione sociale, cioè nell’ambito dell’art. 2 della
Costituzione, e quindi di un riconoscimento giuridico di rapporti di solidarietà.
I risvolti che questo ha sono rimessi all’apprezzamento del legislatore.
D.
– Alcune organizzazioni omosessuali però dicono che la Costituzione quando parla di
matrimonio non parla di unione tra uomo e donna. Lei come risponde?
R. – Non
immaginava certo il costituente il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ma,
al di là di questo, ripeto, la Corte costituzionale nella sua giurisprudenza ha salvaguardato
la famiglia in questa visione dell’art. 29 della Costituzione, e ha dato spazio all’unione
di fatto, non solamente omosessuale ma anche alle unioni tra uomo e donna in stabile
convivenza, come elemento solidaristico – quella che un tempo si diceva la "amiglia
di fatto" – invitando a disciplinare in maniera precisa diritti e doveri che nascono
tra le persone.