Onu. Obiettivi Millennio: mille giorni per centrarli in uno scenario globale mutato
Mancano mille giorni per raggiungere gli Obiettivi del Millennio, fissati dalle Nazioni
Unite nel 2000 per liberare l’umanità dalla povertà estrema, garantire il diritto
al cibo per tutti e migliorare la qualità della vita sull’intero pianeta. Ed è stato
il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, a ricordare ai nostri microfoni questo
importante scadenza, a margine dell’incontro di martedì con Papa Francesco. Il servizio
di Roberta Gisotti:
Gli Obiettivi
sono otto: eliminare la povertà estrema e la fame, garantire l’istruzione elementare
per tutti, eliminare le disparità uomo-donna, ridurre di due terzi la mortalità infantile
e di tre quarti quella materna, fermare la diffusione di Hiv e malaria, dimezzare
il numero di quanti non hanno accesso all’acqua potabile, sviluppare un sistema finanziario
e commerciale davvero equo. Forse obiettivi troppo ambiziosi, alcuni perfino impossibili
- si è detto - da raggiungere. Ma qual è il bilancio complessivo del cammino fin qui
fatto? Lo chiediamo alla dott.ssa Mariam Ahmed, dirigente Fao, responsabile
dei rapporti con le Nazioni Unite:
R. – La crisi economica e finanziaria ha
colpito duramente i Paesi donatori. Inoltre, ulteriori disagi verificatisi in seno
ad alcuni Paesi del Sud del mondo – conflitti interni, crisi politiche ma anche problemi
climatici come la siccità nel Corno d’Africa, inondazioni, calamità naturali – hanno
reso ulteriormente difficile il raggiungimento degli Obiettivi. La settimana scorsa,
i capi delle organizzazioni delle Nazioni Unite si sono incontrati a Madrid per prendere
visione dello stato degli Obiettivi del Millennio in alcuni Paesi e identificare delle
azioni concrete per accelerare il raggiungimento di alcuni di questi obiettivi, che
comunque resta una responsabilità collettiva.
D. – Quali, tra gli otto Obiettivi,
si potranno raggiungere e quali certamente no?
R. – La Fao lavora in particolar
modo per il raggiungimento del primo Obiettivo del Millennio. Il traguardo di dimezzare
la povertà estrema tra il 1990 e il 2015 – la data prevista – è stato raggiunto cinque
anni prima della scadenza a livello globale. Purtroppo, però, abbiamo ancora 850 milioni
di persone che soffrono la fame al mondo, cioè circa il 15% della popolazione totale.
Il raggiungimento del primo Obiettivo è un pre-requisito fondamentale per raggiungere
tutti gli altri. Infatti, se la gente è ben nutrita può studiare, lavorare e fare
tutte le altre cose.
D. – Ritiene che gli Stati si siano impegnati abbastanza
fin qui, o abbiano firmato e dimenticato gli impegni presi in sede Onu?
R.
– Bisogna tener presente che la crisi economica e finanziaria, iniziata alla fine
del 2008, ancora colpisce duramente i Paesi donatori e pertanto ha avuto un riscontro
negativo sui livelli di assistenza e cooperazione allo sviluppo, che sono scesi in
gran parte. C’è stato poi anche il legame con le priorità di sviluppo nazionali. Va
detto che questi Obiettivi del Millennio sono stati formulati in un contesto globale
che è molto cambiato dal 2000: prima, vi era un dialogo tra governi, vi era un contratto
firmato da governi nella sede dell’Onu, adesso, tutto il contesto è stato rivisitato
anche dalle Nazioni Unite. Noi adesso lo vediamo non come un contratto tra i Paesi
dell’Onu, ma come un impegno assolutamente globale, una responsabilità collettiva
in cui sono coinvolti tutti gli attori-partner dello sviluppo. Stiamo parlando di
società civile, del settore privato, delle istituzioni di ricerca accademica, del
cittadino stesso… Per questo, ormai, si è capito chiaramente che questi obiettivi
non potranno mai essere raggiunti se rimarranno soltanto una responsabilità dei governi.