2013-04-10 13:57:43

50.mo “Pacem in Terris”. Lo storico Giovagnoli: documento di grande forza e attualità


Ricorre domani il 50.mo dell’Enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII. Un documento profetico, di grande forza, nel quale il Beato Roncalli, all’indomani della crisi di Cuba, esortava tutti gli uomini di buona volontà, e non solo i cristiani, a impegnarsi per la pace nel mondo. Sull’attualità di questo documento, la riflessione dello storico della Cattolica di Milano, Agostino Giovagnoli, intervistato da Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

R. - La forza della Pacem in Terris è anzitutto quella di portare a compimento un Magistero, quello dei Papi, che nel corso del ‘900, a partire da Benedetto XV in modo particolare, ha sempre più insistito sul tema della pace e quindi sul ruolo della Chiesa cattolica per il sostegno della pace nella famiglia umana. Inoltre, la Pacem in Terris ha portato questo tema ad una sua formulazione piena, nel senso di considerare la guerra come qualcosa di non più accettabile e sopportabile.

D. – Un documento che nasce dopo la crisi di Cuba, forse il momento in cui il mondo più si è avvicinato ad una Terza guerra mondiale, ad una guerra nucleare. Sicuramente anche questo era molto presente nel pensiero, nel cuore di Papa Giovanni XXIII...

R. – Sì, certamente. La genesi di questo documento è proprio nella crisi di Cuba dell’ottobre ’62 e direi anche nel ruolo che, in quell’occasione, Giovanni XXIII aveva potuto svolgere in modo singolare fra le due grandi parti in gioco: gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Giovanni XXIII in questo modo ha voluto trasformare un’iniziativa specifica in qualcosa di più, cioè in un monito che la Santa Sede era in grado di dare, svolgendo un magistero morale, universale rivolto a tutti i popoli.

D. – Il respiro universale di questo documento è presente fin dal frontespizio, perché la Pacem in Terris non si rivolge solo ai cattolici, ai cristiani, bensì a tutti gli uomini di buona volontà...

R. – Questo è molto significativo. Da allora in poi, altri documenti hanno ripreso questo appello agli uomini di buona volontà, quindi credenti e non credenti. Direi che qui si sente anche l’evoluzione di quel "magistero giovanneo" tanto attento a distinguere tra le ideologie, i movimenti storici e anche tra l’errore e l’errante.

D. – In molti vedono un richiamo di Papa Francesco al Beato Giovanni XXIII, sicuramente in questa dimensione della pace...

R. – Il richiamo è evidente, il richiamo è forte - il tema della pace è presente già nei primi discorsi del nuovo Papa - e si salda per esempio a quell’invito a prendersi cura dell’altro con tenerezza. Direi che questo Papa che viene dal Sud del mondo, e che esprime quel processo di globalizzazione in cui siamo immersi, costituisca in qualche modo la continuazione di un’intuizione giovannea, che convocando il Concilio Vaticano II ha legato le sorti della Chiesa cattolica a quelle del mondo intero e quindi ha anche strettamente rivendicato l’impegno cristiano della Chiesa cattolica in particolare per la pace, non come qualcosa di accessorio, ma come qualcosa di fondamentale.







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