Gli effetti della crisi sul welfare italiano:la riflessione del CNCA
Il primo Centro Aiuto alla Vita di Milano, quello presso la clinica Mangiagalli, rischia
il blocco attività, tre dei sette Sert, il servizio per le tossicodipendenze del capoluogo
lombardo potrebbero chiudere. Infine il taglio, proposto dal Ministero della Salute,
dei finanziamenti destinati agli psicologi negli ospedali. Tre notizie tra tante che
danno la misura di quanto in Italia la crisi attuale stia incidendo anche sul welfare.
Adriana Masotti ha chiesto un commento a questa politica di tagli a Riccardo
De Facci, vicepresidente del Cnca, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza:
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R. – Quello che purtroppo sta accadendo, in un momento di
crisi, è un progressivo ritirarsi su competenze specifiche dei vari settori. Cioè:
se per garantire la sanità si cerca di ottimizzare sempre di più, queste forme di
ottimizzazione rischiano di sacrificare sempre di più tutte quelle aree di punta sociosanitarie
in attenzione alle persone: la chiusura di alcuni servizi per le dipendenze sul territorio
e l’accorpamento in una grande, unica struttura; la chiusura di un centro di aiuto
alla vita; la cancellazione o la riduzione della presenza di psicologi sono il segnale
di un ritirarsi sempre di più di mandati molto espliciti – la sanità in quanto tale
– ma l’allontanarsi, invece, da fenomeni che sul territorio stanno diventando sempre
più complessi. Sempre di più noi abbiamo problemi sanitari che sono connessi a grossi
problemi sociali; addirittura, qualcuno incomincia a parlare del “fattore povertà”
come fattore quasi di promozione della malattia.
D. – Può spiegare cosa vuol
dire “povertà come promozione della malattia”?
R. – Che sempre di più noi incontriamo
negli ambulatori, nei progetti di accoglienza, nei dormitori fenomeni estremamente
complessi in cui magari un disturbo psichico aumenta a fronte di una situazione di
povertà culturale ed economica della propria famiglia, che non si può permettere una
serie di cure. Allora, c’è qualcuno che incomincia a dire: “Attenzione: noi dobbiamo
garantire una sanità e livelli essenziali minimi per tutti, ma dobbiamo riuscire a
recuperare anche un’attenzione ai fenomeni nella loro complessità.
D. – Di
fronte a questa prospettiva, il mondo del sociale cosa sta facendo? Si sta riorganizzando,
il volontariato?
R. – E’ come un lavoro ormai esplicito sul territorio … Facciamo
un esempio concreto: il famoso “Fondo per le famiglie” istituito dalla Caritas ambrosiana
che andava ad istituire un assegno di supporto e sopravvivenza per le famiglie in
difficoltà. Prima questo era un lavoro svolto, molto spesso, dai Comuni; sempre di
più stiamo ragionando sull’emergenza-freddo che ha raggiunto quest’anno – tra il Comune
di Milano ma molto volontariato, molta accoglienza nei centri del volontariato – 2.500
posti letto tutte le notti! Stiamo parlando dell’ambulatorio aperto in prossimità
ai dormitori insieme ai Medici senza frontiere, per le situazioni – ad esempio – delle
patologie da strada … Quindi è un volontariato, un associazionismo, una cooperazione
del mondo cattolico – moltissima! – ma anche di un mondo laico impegnato. Il problema
qual è? E’ che più lo Stato si sta ritirando, più il volontariato sta provando – con
grandi sforzi – a coprire.Probabilmente si sta prefigurando una grossa riscrittura
del welfare: un welfare che deve provare a riscrivere insieme, tra gli
enti pubblici, il privato - sociale professionalizzato, il volontariato, l’associazionismo
legato agli oratori, ai gruppi familiari eccetera, come riprovare a riabitare il welfare
delle nostre città. Il rischio è che le fasce di complessità, di difficoltà sempre
più ampie finiscano per essere abbandonate, che si incominci ad allargare sempre di
più la forbice tra chi ha e si può permettere una serie di prestazioni, e chi non
ce la fa più. Siamo al limite di una sopravvivenza che, tra le altre cose, cosa sta
portando? Ad un individualismo sfrenato. C’è bisogno di ricreare quel clima, quella
rete, quella solidarietà che il mondo cattolico sicuramente ha nelle sue corde, che
una parte del mondo laico impegnato ha sempre avuto, ma che in un momento come questo,
di riduzione della spesa e di investimento sul welfare, rischia di saltare.