2013-04-09 18:00:36

Gli effetti della crisi sul welfare italiano:la riflessione del CNCA


Il primo Centro Aiuto alla Vita di Milano, quello presso la clinica Mangiagalli, rischia il blocco attività, tre dei sette Sert, il servizio per le tossicodipendenze del capoluogo lombardo potrebbero chiudere. Infine il taglio, proposto dal Ministero della Salute, dei finanziamenti destinati agli psicologi negli ospedali. Tre notizie tra tante che danno la misura di quanto in Italia la crisi attuale stia incidendo anche sul welfare. Adriana Masotti ha chiesto un commento a questa politica di tagli a Riccardo De Facci, vicepresidente del Cnca, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza: 00:04:05:42

R. – Quello che purtroppo sta accadendo, in un momento di crisi, è un progressivo ritirarsi su competenze specifiche dei vari settori. Cioè: se per garantire la sanità si cerca di ottimizzare sempre di più, queste forme di ottimizzazione rischiano di sacrificare sempre di più tutte quelle aree di punta sociosanitarie in attenzione alle persone: la chiusura di alcuni servizi per le dipendenze sul territorio e l’accorpamento in una grande, unica struttura; la chiusura di un centro di aiuto alla vita; la cancellazione o la riduzione della presenza di psicologi sono il segnale di un ritirarsi sempre di più di mandati molto espliciti – la sanità in quanto tale – ma l’allontanarsi, invece, da fenomeni che sul territorio stanno diventando sempre più complessi. Sempre di più noi abbiamo problemi sanitari che sono connessi a grossi problemi sociali; addirittura, qualcuno incomincia a parlare del “fattore povertà” come fattore quasi di promozione della malattia.

D. – Può spiegare cosa vuol dire “povertà come promozione della malattia”?

R. – Che sempre di più noi incontriamo negli ambulatori, nei progetti di accoglienza, nei dormitori fenomeni estremamente complessi in cui magari un disturbo psichico aumenta a fronte di una situazione di povertà culturale ed economica della propria famiglia, che non si può permettere una serie di cure. Allora, c’è qualcuno che incomincia a dire: “Attenzione: noi dobbiamo garantire una sanità e livelli essenziali minimi per tutti, ma dobbiamo riuscire a recuperare anche un’attenzione ai fenomeni nella loro complessità.

D. – Di fronte a questa prospettiva, il mondo del sociale cosa sta facendo? Si sta riorganizzando, il volontariato?

R. – E’ come un lavoro ormai esplicito sul territorio … Facciamo un esempio concreto: il famoso “Fondo per le famiglie” istituito dalla Caritas ambrosiana che andava ad istituire un assegno di supporto e sopravvivenza per le famiglie in difficoltà. Prima questo era un lavoro svolto, molto spesso, dai Comuni; sempre di più stiamo ragionando sull’emergenza-freddo che ha raggiunto quest’anno – tra il Comune di Milano ma molto volontariato, molta accoglienza nei centri del volontariato – 2.500 posti letto tutte le notti! Stiamo parlando dell’ambulatorio aperto in prossimità ai dormitori insieme ai Medici senza frontiere, per le situazioni – ad esempio – delle patologie da strada … Quindi è un volontariato, un associazionismo, una cooperazione del mondo cattolico – moltissima! – ma anche di un mondo laico impegnato. Il problema qual è? E’ che più lo Stato si sta ritirando, più il volontariato sta provando – con grandi sforzi – a coprire.Probabilmente si sta prefigurando una grossa riscrittura del welfare: un welfare che deve provare a riscrivere insieme, tra gli enti pubblici, il privato - sociale professionalizzato, il volontariato, l’associazionismo legato agli oratori, ai gruppi familiari eccetera, come riprovare a riabitare il welfare delle nostre città. Il rischio è che le fasce di complessità, di difficoltà sempre più ampie finiscano per essere abbandonate, che si incominci ad allargare sempre di più la forbice tra chi ha e si può permettere una serie di prestazioni, e chi non ce la fa più. Siamo al limite di una sopravvivenza che, tra le altre cose, cosa sta portando? Ad un individualismo sfrenato. C’è bisogno di ricreare quel clima, quella rete, quella solidarietà che il mondo cattolico sicuramente ha nelle sue corde, che una parte del mondo laico impegnato ha sempre avuto, ma che in un momento come questo, di riduzione della spesa e di investimento sul welfare, rischia di saltare.








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