2013-04-06 14:52:49

Siria, rapiti 4 giornalisti italiani. Attesa visita di Kerry a Instanbul


Una vera e propria pioggia di colpi di mortaio ha raggiunto stamani il centro moderno di Damasco, prendendo di mira diversi obiettivi identificati dai ribelli come vicini al regime. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria annuncia una nuova strage ad Aleppo. Almeno 15 morti, tra cui nove bambini, per un raid dell’esercito su un quartiere della città conquistato nei giorni scorsi dai ribelli. E ha fatto il giro del mondo la notizia del rapimento di quattro giornalisti italiani non lontano dal confine con la Turchia, nella regione di Iblid. Si tratta di Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe e Andrea Vignali e della giornalista italo-siriana, Susan Dabbous. Quest’ultima dalla Siria ha spesso raccontato attraverso la nostra emittente le difficoltà della popolazione civile. Intanto, c'è attesa per la visita che dovrebbe essere imminente del segretario di Stato usa, John Kerry, in Turchia, oltre che in Israele e Giordania. Dei possibili risvolti della visita sulla crisi siriana, Fausta Speranza, ha parlato con Fabrizio Dal Passo, docente di Storia contemporanea all'Università La Sapienza, che si occupa in particolare di aree di crisi:RealAudioMP3

R. – La presenza di Washington in Siria, nel conflitto siriano, è abbastanza netta. La presa di posizione a favore degli insorti da parte degli americani, seppur frenata da posizioni diplomatiche avverse degli altri grandi potenti in Sede Onu, è comunque fortemente sostenuta da Washington. Per cui, la presenza di Kerry nell’area significa un appoggio diretto abbastanza sostenuto.

D. – Quale novità ci può essere rispetto al coinvolgimento di Washington nella crisi siriana?

R. – La presa di posizione che potrebbero assumere gli Stati Uniti, sia nei riguardi del conflitto siriano che nei riguardi anche di altri conflitti, è quella di una presenza militare forte e massiccia in quelle aree: metterebbero sul piatto della bilancia una prevalenza militare, e inevitabilmente anche economica, in grado di modificare l’assetto politico del Paese.

D. – Tutto lo scenario del Medio Oriente è mutato: quale può essere il ruolo nuovo della Turchia?

R. – Un ruolo fondamentale. Da un lato per la vicinanza geografica, perché la Siria rappresenta il vicino diretto: è evidente che i profughi si rifugiano per la maggior parte in Turchia, che comunque è un Paese Nato, non lo dimentichiamo. E poi perché, a livello diplomatico – per un discorso di vicinanza dei vari imam alla cultura religiosa della Siria e la presenza di una comunanza religiosa – è comunque un fattore determinante per coinvolgere le masse popolari, anche se non è l’unico. Dall’altro lato, perché è inevitabile che anche la Turchia tema un coinvolgimento di altre forze al proprio interno, che potrebbero sostenere o prendere una posizione diversa rispetto al conflitto siriano.

D. – La crisi siriana adesso viene segnata dal sequestro dei quattro giornalisti italiani. L’area in cui sono spariti è controllata dai ribelli, quindi è presumibile il loro coinvolgimento ma si può pensare anche a un fatto di malavita per un riscatto per esempio di soldi… Che cosa immaginare?

R. – Direi che il controllo del territorio anche da parte dei ribelli non è sempre facile. Non dobbiamo pensare che vi sia un esercito di militari ufficiale e un esercito alternativo compatto e organizzato, che è efficace. Sono realtà completamente disgiunte l’una dall’altra, con capi clan o capi tribù, con capi militari improvvisati o, in altri casi, con imam improvvisati che riescono a fomentare le masse o le popolazioni anche di villaggi e a contrapporsi al potere dell’esercito ufficiale.

D. – Diciamo che la crisi in Siria è più acuta che mai in questo momento…

R. – La crisi in Siria è più acuta che mai in questo momento per un doppio ordine di motivi: non soltanto per il fatto che è una guerra civile fortissima e violentissima ma, secondo me, la gravità in questo caso è soprattutto nella presa di posizione di alcune potenze del Consiglio di sicurezza Onu. Alla presa di posizione molto decisa degli Stati Uniti o anche dell’Europa Unita, dell’Occidente, per un abbattimento del regime di Assad si contrappone la difesa a oltranza della Russia e in altri casi della Cina. Questo ha portato a uno stallo diplomatico. Ciò chiaramente non fa che peggiorare perché allunga i tempi, rende più difficile la ricerca di una soluzione politica e diplomatica accettabile sia per Assad – che poteva aspirare quantomeno a un esilio dorato, possiamo dire così – sia per i ribelli che non riescono a controbilanciare e a controllare le città chiave del potere politico e diplomatico di Assad.







All the contents on this site are copyrighted ©.