Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo di Pasqua
Nella seconda Domenica di Pasqua, o “Domenica della Divina Misericordia”, la liturgia
ci presenta il Vangelo in cui Gesù risorto appare di nuovo ai discepoli dopo otto
giorni, presente anche Tommaso, a cui dice:
«Metti qui il tuo dito e guarda
le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma
credente!».
Su questo brano evangelico ascoltiamo la riflessione di don
Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris
Mater” di Roma:
Il Vangelo di
Giovanni, proclamato nella liturgia di questa domenica, racconta due eventi: innanzitutto,
ci riconduce alla sera dello stesso giorno di Pasqua, quando Gesù si mostra agli apostoli,
chiusi in casa per timore dei giudei, riversando su di loro la sua pace; e li investe
del dono dello Spirito Santo, costituendoli “apostoli”, cioè inviati. La missione
di Cristo, inviato dal Padre per la salvezza del mondo, viene comunicata agli apostoli,
che diventano così i suoi successori, con lo stesso potere di salvezza e di perdono
per tutti.
Inoltre, otto giorni dopo, torna a mostrarsi ai suoi apostoli,
che si trovano ancora in casa, ma questa volta c’è anche Tommaso che, assente al primo
incontro, aveva dichiarato di non credere a quanto gli altri raccontavano. Davanti
alle mani ed al costato perforato del Signore, esclama con fede: “Mio Signore e mio
Dio!”. Vorrei cogliere qui la bellezza e l’importanza di questi “otto giorni dopo”,
che costituiranno il ritmo del cammino della Chiesa nella storia, con le parole del
Concilio Vaticano II: “Secondo la tradizione apostolica, che trae origine dal giorno
stesso della Risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto
giorni, in quello che giustamente è detto giorno del Signore, o domenica. In questo
giorno infatti i fedeli devono riunirsi in assemblea perché, ascoltando la parola
di Dio e partecipando all’Eucaristia, facciano memoria della Passione, della Risurrezione
e della gloria del Signore Gesù e rendano grazie a Dio... Per questo la domenica è
la festa primordiale che va proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che
divenga anche giorno di gioia e di riposo” (SC 106). Oh, se tornasse a risuonare anche
tra di noi oggi il “Sine dominicum non possumus” (“Senza la domenica non possiamo
vivere”) dei Martiri di Abitene (nell’attuale Tunisia)!