Centrafrica: nuovi spiragli di pace per la risoluzione del conflitto
Il Capo di Stato autoproclamato Michel Djotodia, dopo un incontro avvenuto a Bangui
con le delegazioni della Comunità economica dei paesi dell’Africa centrale (Ceeac)
composta dai ministri degli Esteri dell’organismo regionale, da rappresentanti dell’Unione
Africana, dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite e dall’inviato speciale dei Paesi
francofoni, il belga Louis Michel, si è impegnato a rispettare le proposte sul corso
della transizione formulate al vertice di N’Djamena. Ciò significa che l’ex capo ribelle
Djotodia, dovrebbe modificare il quadro della transizione precedentemente delineato
riducendo la sua durata da 3 anni a 18 mesi e affidandone la guida a un Consiglio
nazionale di transizione (Cnt) incaricato di eleggere un suo presidente e un Capo
dello Stato ad interim. Dovrebbe anche essere creato un organismo legislativo che
avrà come mandato la redazione di una nuova costituzione e il voto delle principali
leggi in attesa dell’elezione di un parlamento alla fine della transizione. “La situazione
nel Paese è ancora grave e la situazione politica è incerta”, rivelano fonti locali
all’agenzia Misna. “Negli ultimi giorni abbiamo assistito a lotte accese tra esponenti
politici, elementi della ribellione e altre componenti per l’assegnazione delle poltrone
governative facendo prevalere ancora una volta gli interessi personali sulle necessità
urgenti della popolazione”. Nella capitale, intanto, la vita è ancora ferma: “Oggi
solo uno sportello per il ritiro di contanti è in funzione e nessun supermercato ha
riaperto. Per le strade la fanno da padrone i ribelli che ogni tanto sparano colpi
d’arma da fuoco in aria. In alcuni quartieri vengono disarmati dalle pattuglie delle
forze armate dei paesi dell’Africa centrale (Fomac) mentre nelle zone più periferiche
compiono ancora attacchi mirati a scopo di estorsione” aggiunge l’interlocutore della
Misna. La crisi cominciata lo scorso dicembre, sfociata nel colpo di stato della Seleka
(alleanza in lingua sango) che ha portato la coalizione a prendere il potere a Bangui
il 24 marzo scorso, sta avendo un pesante costo economico e finanziario in un Paese
già allo stremo, dove annose ribellioni e corruzione diffusa hanno bloccato o dirottato
i proventi dello sfruttamento del ricco sottosuolo. (G.F.)