Al cinema "Bianca come il latte, rossa come il sangue". Intervista con Alessandro
D'Avenia
Sugli schermi in Italia, il film di Giacomo Campiotti, tratto dal best seller "Bianca
come il latte, rossa come il sangue" di Alessandro D’Avenia. Sul grande schermo,
la storia commovente di un adolescente che s’innamora dell’eterea rossa Beatrice,
affetta da una letale malattia. Sulla trasposizione del romanzo nel linguaggio cinematografico
ascoltiamo l’autore D’Avenia al microfono di Carla Ferraro:
R. – Il romanzo
è l’assolo di un solista, che è il protagonista: un ragazzo di 16 anni, innamoratissimo,
anche se solo idealmente, di una ragazza che cerca di conquistare, ma che poi deve
scontrarsi con qualcosa di più grande di lui, perché lei ha una malattia che sembra
volersela portare via. Volevo che il film rimanesse fedele a questo assolo, a questo
canto solista. Per questo motivo, avevo paura che se fossero entrate altre voci, avrebbero
rovinato la melodia di base. E’ diventato invece una polifonia corale, che ha arricchito
di timbri diversi la storia, che è uscita fuori dal romanzo.
D. – Padre Pino
Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia per il suo impegno evangelico e sociale,
è stato suo docente di religione. Quanto ha inciso questa figura sulla sua crescita
personale e professionale?
R. – Ha inciso moltissimo. Al mio quarto anno di
liceo, lui non è tornato in classe perché gli avevano sparato a Brancaccio. Quello
che ha aggiunto alla mia vocazione di insegnante, che già stava maturando in quegli
anni, è che non basta voler raccontare storie belle agli altri, ma bisogna anche dare
la vita per gli altri. Mi rendo conto che c’è una forma di donazione molto quotidiana
ai propri studenti, alle famiglie dei propri studenti, che è un po’ come dare la vita.