Siria: ancora bombardamenti su Damasco. Continua l'avanzata degli insorti
Anche ieri sono proseguiti con intensità i bombardamenti dell’esercito siriano sui
quartieri della capitale Damasco controllati dalle milizie degli insorti, che rispondono
al fuoco con altrettanta forza. Una famiglia di quattro persone è stata sterminata
dall'esplosione di un colpo di cannone. Secondo gli osservatori, l’avanzata dei ribelli,
prima presenti solo al nord, si sta estendendo a Damasco e ad altre zone del Paese.
Antonella Palermo ne ha parlato con Lorenzo Trombetta, dell’Ansa di
Beirut, ideatore del sito www.siria-libano.com:
R. – Sul terreno,
anche dai video amatoriali che vengono diffusi su Internet, relativi agli avanzamenti
del fronte dei ribelli, sono visibili degli armamenti relativamente nuovi in loro
possesso e questo potrebbe essere indizio di un afflusso di armi attraverso la Giordania.
D.
– Qual è l’atteggiamento di Israele di fronte all’avanzata dei ribelli siriani?
R.
– Per Israele, la caduta di Bashar al Assad non sarà mai una buona notizia. Gli israeliani
hanno detto più volte che preferiscono Bashar al Assad ai jihadisti o comunque agli
estremisti. Questi ribelli hanno una retorica – a differenza del regime di Damasco
– e un attivismo chiaramente anti-israeliani. Dicono che, dopo il Golan, vorranno
liberare il resto dei territori siriani occupati da Israele. Quindi, per Israele ci
sono davvero le condizioni per temere oggi, molto più di quanto non abbia temuto nei
40 anni di regime degli Assad.
D. – La comunità internazionale come sta guardando
alla situazione in Siria?
R. – Gli Stati Uniti e la Russia sono gli attori
che continuano ad avere in mano, anche in questa crisi, il pallino della situazione.
E’ lì, a Mosca e a Washington, prima che a Bruxelles o a Teheran, che si decidono
attualmente le sorti del conflitto siriano, perché se i russi togliessero il loro
cappello protettivo su Bashar al Assad, le cose cambierebbero nell’arco di poche ore.
Bisogna quindi domandarsi quale sia la controparte da dare ai russi, perché mettano
fine all’appoggio nei confronti del loro storico alleato.