Le donne prime testimoni della Risurrezione di Gesù: il commento di Cettina Militello
Nel Lunedì dell’Angelo l’attenzione della Chiesa è anche per le donne giunte al sepolcro
di Gesù e che trovano vuoto. Sono loro ad essere le testimoni della Risurrezione.
Su questo particolare aspetto Benedetta Capelli ha chiesto un commento alla
teologa Cettina Militello:
R. – Bisogna
cominciare con il dire che le donne ci sono nella sequela di Gesù di Nazaret. Non
spuntano improvvisamente soltanto la mattina del giorno della Resurrezione, ma Gesù
ha sempre manifestato un’attenzione particolare al deficit culturale delle donne:
deficit religioso, fisico, legale. C’è il paradosso del discorso della Resurrezione:
Gesù fa testimoni di Lui risorto - qualcosa di inaudito, incredibile, inaccettabile,
razionalmente - proprio delle persone, le donne, le quali non hanno nessuna capacità
testimoniale perché non gliele assegna la legge ebraica e non contano come soggetti
nel mondo antico.
D. - Da qui, secondo lei, nasce una nuova interpretazione
anche per gli studi teologici della donna nella Sacra Scrittura?
R. – Viene
fuori il paradosso per cui Dio, nella storia della Salvezza, si serve di criteri tutti
suoi, che non sono quelli della potenza o delle regole stabilite dagli uomini. Le
donne che sono veramente un “non soggetto” diventano coloro che per prime fruiscono
dell’apparizione del Risorto e ne fruiscono sempre, anche quando nei racconti evangelici,
che sono diversi uno dall’altro, c’è la mediazione dell’angelofania. Noi abbiamo nei
sinottici questa presenza della figura angelica singola o plurima che dice alle donne:
“chi cercate, non è qui!” Però, immediatamente dopo, Gesù si mostra direttamente a
loro e a loro dice di andare ad annunciarlo ai discepoli. Le donne reagiscono in modo
diverso, spaventate, trepidanti; addirittura Marco dice che non dissero niente a nessuno,
che è paradossale perché se non l’avessero detto noi non sapremo che hanno vissuto
questa esperienza. Però, ripeto, la cosa straordinaria è proprio questa scelta testimoniale:
soggetti che non possono dare testimonianza in tribunale, la cui parola non è credibile
se non c’è un testimone maschio che la supporta, vengono scelte da nostro Signore
per annunciare l’evento risolutivo del suo mistero e cioè il fatto che ha sconfitto
la morte e che è risorto. Non solo, ma diventano il tramite della missione dei discepoli,
in particolare Maria Maddalena nel Medioevo – l’ha ricordato anche Giovanni Paolo
II nella Mulieris dignitatem - veniva chiamata “apostola apostolorum”, cioè
è una figura talmente forte da diventare colei che evangelizza gli stessi evangelizzatori,
gli stessi annunciatori.
D. – Come vivere, secondo lei, questo tempo così importante,
in un tempo che tra l’altro poi ci porterà a Pentecoste, quindi all’incontro con lo
Spirito Santo?
R. – Secondo me va vissuto con la coscienza che il Risorto ci
restituisce tutti, uomini e donne, alla piena nostra dignità di creature, che Dio
ha voluto a sua immagine. Questo è un tempo di “ubriacatura”. E’ un tempo nel quale
la potenza dello Spirito che già ha operato Cristo Signore ci prepara all’evento conclusivo
del mistero e istitutivo della Chiesa, quindi la mia è un’espressione forte ma d’altra
parte li presero per ubriachi la mattina di Pasqua! E’ proprio un tempo di esaltazione
interiore, di grande devozione, di grande legame con lo Spirito Santo, al quale peraltro
dobbiamo l’attivazione della nostra restituzione alla somiglianza. Noi diventiamo
veramente seguaci di Cristo nella forza dello Spirito, nella ricchezza del suo dono,
nell’elargizione dei suoi carismi. Quindi questo è un tempo bello, festoso, gioioso,
di restituzione di ciascuno alla sua corresponsabilità ecclesiale. La comunità cammina
verso l’evento dello Spirito e sa che a partire dallo Spirito dovrà camminare ancora
per continuare gioiosamente la sua testimonianza.