Pasqua a Kabul: la testimonianza del cappellano dell'ambasciata italiana
"In questa realtà che sembra non avere scampo preghiamo che dopo il Calvario vi sia
la Resurrezione. Qui la Passione di Gesù è la sofferenza di milioni di persone che
patiscono ogni giorno il dramma della guerra, dell'odio, della povertà". Questa testimonianza
– raccolta da AsiaNews – è di padre Giuseppe Moretti, parroco della cappella interna
all'ambasciata italiana a Kabul. Il sacerdote definisce la piccola comunità cristiana,
composta da 12 suore e alcune decine fra militari e funzionari di ambasciate, una
"Chiesa catacombale, silenziosa, discreta, ma operosa perché testimonia Cristo al
popolo afghano con il proprio esempio di vita e con la presenza quotidiana dell'Eucarestia".
Nonostante le difficoltà numerose persone stanno partecipando alle funzioni della
Settimana Santa. La presenza dei militari, anche di alto rango, alle messe è un segno
di speranza. "Alla domenica delle Palme – racconta il parroco - la Chiesa era stracolma”.
Le palme, prosegue il religioso, “sono un simbolo di pace e qui tutto è in rapporto
con la terribile realtà afghana, dove domina invece la guerra". Per la Veglia Pasquale
“ci attendiamo molte persone”, nota ancora padre Moretti, che poi ricorda: “Chi viene
lo fa anche rischiando la vita". Il Paese è al 99% musulmano e vi è il divieto di
comunicare il Vangelo. Ai cristiani è vietato esporre simboli religiosi e le funzioni
sono limitate alla messa quotidiana. Le processioni non si possono svolgere nemmeno
all'interno dell'ambasciata. "Questa condizione - sottolinea padre Moretti - non è
un ostacolo. Noi andiamo incontro alla Pasqua con entusiasmo e pienezza, come se fossimo
dentro una bellissima cattedrale. Non è il luogo che fa la differenza, ma la presenza
di Cristo". Per padre Moretti la missione è anzitutto nei confronti dei militari,
gli unici che possono avere contatti diretti con la popolazione musulmana. "I valori
del Vangelo – sottolinea il religioso - si trasmettono anche attraverso di loro".
I sei sacerdoti presenti nel Paese sono tutti cappellani nelle basi Nato sparse per
il Paese e il loro compito è far riscoprire la fede ai cristiani che operano in Afghanistan.
"Nella Messa Crismale celebrata lo scorso 24 marzo – racconta padre Moretti - abbiamo
sperimentato che la nostra presenza qui ha senso solo se viviamo come afferma Papa
Francesco: come veri pastori con 'il profumo delle pecore' sulle nostre vesti, per
testimoniare il Vangelo là dove il Signore ci invia". I religiosi e le religiose che
operano in Afghanistan sono in tutto 15. La presenza più radicata nel Paese è quella
delle Piccole sorelle di Gesù. Rispettate anche dai talebani, le quattro suore operano
da 50 anni a Kabul. La caduta del regime talebano nel 2001 ha permesso l'arrivo delle
suore di Madre Teresa, che dal 2006 lavorano con i malati e i poveri. Un'altra realtà
stimata dalla popolazione è quella dell'associazione ‘Pro bambini’ di Kabul che assiste
orfani e disabili. (D.M.)