2013-03-30 15:37:10

Myanmar: l'arcivescovo di Yangon chiede la fine delle violenze nel centro del Paese


Giovani buddisti, cristiani, musulmani e indù birmani hanno raccolto l'invito alla pace lanciato nei giorni scorsi dall'arcivescovo di Yangon, siglando un documento in cui chiedono "la fine delle violenze" fra buddisti e musulmani nel centro del Paese. Da giorni, il Myanmar è teatro di scontri di piazza che hanno causato decine di morti e devastazioni di case e luoghi di culto. Per arginare le violenze, il presidente non ha escluso l'uso della forza contro quelli che considera provocatori interessati solo a fomentare il disordine e il caos. Secondo alcuni esperti di politica birmana – citati dall’agenzia AsiaNews - dietro gli assalti vi sarebbero infatti gruppi vicini all'esercito e a fazioni estremiste, che starebbero tentando di sovvertire l'ordine dello Stato e riconsegnare il potere nelle mani della giunta militare. In questo contesto, mons. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, ha diffuso un messaggio improntato alla pace e alla speranza, subito rilanciato da vari movimenti interreligiosi giovanili. Il presule ha sottolineato che "amore e compassione sono valori centrali nel buddismo, nell'islam e nel cristianesimo" e per questo è "assai urgente e importante che tutti i responsabili religiosi si riuniscano e si ascoltino in modo reciproco, all'insegna del rispetto" per giungere "a una parola e a un'azione comune". Mons. Bo ha infine ricordato che "unità e convivenza pacifica" si possono raggiungere non solo con "una Costituzione o un esercito", ma grazie alla "legge dell'amore, la sola in grado di donarle". Intanto, il presidente birmano Thein Sein punta il dito contro quelli che definisce "sobillatori", colpevoli di fomentare le violenze antimusulmane per "opportunismo politico ed estremismo religioso". In un discorso di 10 minuti, trasmesso dall'emittente di Stato alle 6 del pomeriggio di ieri, egli ha aggiunto che "non esiterà a usare la forza" se questa sarà "l'ultima spiaggia", che resterà in campo per "salvare vite umane e proteggere le proprietà". Le violenze erano divampate il 20 marzo scorso a Meikhtila, in seguito a un banale alterco fra un musulmano veditore di oro e un cliente di fede buddista. La lite è sfociata in veri e propri scontri di piazza, durante i quali - secondo fonti della polizia - sono morte 42 persone. Ingenti anche i danni materiali, con 37 edifici religiosi (in maggioranza moschee) e 1.227 case andate distrutte. Le forze dell'ordine hanno operato 68 arresti nelle aree interessate dalle violenze, partite da Meikhtila e poi propagate in 11 diverse cittadine sparse nelle divisioni di Pegu e Mandalay, al centro del Myanmar. Le autorità locali hanno imposto il coprifuoco e vietato assembramenti pubblici, ma i provvedimenti non sono serviti a scongiurare nuovi incidenti. Secondo la tv di Stato birmana, ieri gruppi di persone hanno assaltato case, negozi ed edifici religiosi in due diverse cittadine. Il giorno precedente le forze di sicurezza avevano lanciato colpi di avvertimento in aria per respingere altri assalitori che stavano per colpire proprietà appartenenti a musulmani (D.M.)







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