Stasera prima Via Crucis di Papa Francesco al Colosseo. Le meditazioni scritte da
giovani libanesi
Per la prima volta, questa sera, dalle 21.15, Papa Francesco è al Colosseo per presiedere
il rito della Via Crucis in diretta mondovisione. Autori delle meditazioni di quest’anno
sono alcuni giovani libanesi, sotto la guida del patriarca maronita, il cardinale
Béchara Boutros Raï, che hanno sviluppato una intensa preghiera che abbraccia singole
categorie di persone, come le donne e la loro dignità spesso violata, o i giovani
vittime di felicità “artificiali”. Con una preghiera per la Chiesa, in particolare
per quella che patisce in Medio Oriente. Il servizio di Alessandro De Carolis:
C'è il mondo
questa sera a portare la Croce tra le penombre create ad arte tra le arcate del Colosseo.
Dalla Terra Santa alla Cina, dall’Africa all’America Latina, in poco più di venti
si alterneranno nel seguire la pista sonora delle meditazioni che scandiranno le tappe
della Via Dolorosa di Gesù, a partire dalla sua condanna che fa emergere in filigrana
quei molti ‘Pilato’ che – si legge nel testo – “tengono nelle mani le leve del potere
e ne fanno uso al servizio dei più forti”. Mentre al peso della Croce che piega le
spalle di Gesù si aggiunge quello del mondo che piega le sue spalle sotto il “laicismo
cieco”, che vuole soffocare la fede e la morale, o il “fondamentalismo violento che
prende a pretesto la difesa dei valori religiosi”.
Poi, Gesù cade una prima
volta – come spesso cade l’umanità quando si “accontenta” delle risposte parziali
della scienza e non si pone le domande fondamentali della vita – quindi incontra sua
Madre. Qui è il contatto tra due sofferenze che si cercano e dalle quali, si legge,
“nasce un’umanità nuova”. E nasce anche una preghiera per le famiglie, perché in tempi
per loro difficili siano “luoghi” della presenza di Gesù. La Via Crucis prosegue e
sulla scena compare il Cireneo. È il simbolo dell’uomo che portando la sua croce dietro
Gesù la accetta perché essa – si legge – “può inchiodare alla sedia ma non impedire
di sognare”, “può appesantire l’anima ma non derubare della libertà”. Il gesto di
pietà della Veronica che asciuga il viso di Gesù invita a fare altrettanto per l’uomo
in miseria, che soffre. Aiutaci, invoca la preghiera che segue, ad “asciugare dal
suo volto le tracce della povertà e dell’ingiustizia”. Arriva poi la seconda caduta.
Gesù, si sottolinea, si rialza “forte della fiducia infinita” che nutre in Dio suo
Padre. Per l’autore è l’occasione di ricordare chi questa fiducia rischia di perderla
– come i cristiani in Medio Oriente – e dunque di pregare perché, pur in “una terra
lacerata dall’ingiustizia”, siano consolati e resi forti.
L’incontro di Gesù
con le donne lungo la Via Dolorosa è occasione per riflettere sulla loro dignità e
quella di ogni donna. “Il mondo è pieno di madri afflitte”, di donne “violentate dalle
discriminazioni, dall’ingiustizia e dalla sofferenza. O Cristo sofferente – termina
la preghiera – sii la loro pace e il balsamo delle loro ferite”. La terza caduta di
Gesù prima di giungere alla Croce accende la riflessione sulla Chiesa “oppressa sotto
la croce delle divisioni” e la preghiera perché i cristiani si rialzino e avanzino
“sulla via dell’unità”. La decima stazione – Gesù spogliato delle vesti – è in certo
modo eco della settima: il pensiero va, si legge, “ai figli delle Chiese orientali”
spogliati e indeboliti “da varie difficoltà”, come la persecuzione e l’emigrazione,
per i quali viene invocato “il coraggio di restare nei loro Paesi e comunicare la
Buona Novella”.
Nell’11.ma stazione riecheggiano i colpi di martello che inchiodano
Gesù alla croce, ognuno dei quali è paragonato a un “battito del cuore” immolato che
diventa rifugio per ogni persona. In particolare, qui la preghiera è per quei giovani,
“vittime della droga, delle sette e delle perversioni”, perché la felicità che cercano
la scoprano nell’Amore di chi ha dato la vita per loro. La dodicesima stazione è il
momento del grido di abbandono e della morte e il pensiero è perché sia aperto il
cuore di chi la morte la provoca pensando di difendere un diritto con l’aborto, l’eutanasia,
o la mette in pericolo con tecniche rischiose. Poi, Gesù viene calato dalla croce
in braccio a sua Madre. Sembra la vittoria della violenza e invece è un seme di pace:
quella che in questa circostanza viene invocata per i Paesi in guerra e specie per
il Medio Oriente, perché – è l’auspicio – “recuperi lo splendore della sua vocazione
di culla di civiltà e di valori spirituali e umani”. Infine, il sepolcro. È il momento
in cui, si nota, la morte “esige una speranza salda, una fede viva”. La preghiera
è per chi “cerca il senso della vita” e per “quanti hanno perso la speranza”, perché
non si accontentino più “di una vita priva di bellezza e di significato”.
Tre
degli autori delle meditazioni della Via Crucis portano stasera la Croce e le fiaccole
durante il rito al Colosseo. Sono Gioia, Carlos e Marielle, tutti
membri del Patriarcato maronita di Berké. Al microfono di Marie Duhamel, della
redazione francese della nostra emittente, raccontano dei pensieri che hanno voluto
trasfondere nei loro testo e della loro reazione alla richiesta di preparare la Via
Crucis per Papa Francesco:
R. – E’ stato veramente un privilegio, l’onore di
preparare qualcosa di così grande come questo.
R. – Signore, mi sono detto,
è una Grazia: chi sono io, poi, per redigere i testi delle meditazioni per la Via
Crucis?...
R. – E’ stato uno choc all’inizio, c’è stato panico, non sapevamo
cosa fare, in cosa aiutare… Poi, man mano, abbiamo visto come funzionava e abbiamo
cominciato…
R. – Tutti i giovani delle Chiese hanno partecipato alla stesura
di queste meditazioni. I giovani della Chiesa latina hanno scritto per una stazione,
poi i giovani di quella melkita-cattolica, i giovani armeni, i caldei… C’era proprio
un grande spirito di comunione.
D. – Ci siamo presi una vacanza dal nostro
lavoro giornaliero, qualche giorno per pensare, per pregare. Siamo stati come una
famiglia che lavora insieme per la preparazione e dunque il tempo di questa preparazione
è stato un tempo molto forte, di fratellanza.
R. – A livello personale non
ero troppo ferrata nelle Scritture, forse non ho tutto questo bagaglio ma certo sono
stata presente con la mia preghiera. Ho pregato sempre per comunicare al mondo quello
che abbiamo vissuto, perché queste stazioni riflettano veramente quello che stiamo
vivendo.
R. – Abbiamo cercato di portare, con la croce di Gesù, le sofferenze
dell’Oriente.
R. - Abbiamo pregato per i giovani siriani, i giovani iracheni,
i giovani della Terra Santa che stanno attraversando un tempo di guerra e di terrorismo.
Siamo in comunione, soprattutto i noi cristiani di questa regione.
R. - Tutti
cercano la fede, tutti difendono la vita umana, sono punti comuni all’Oriente e all’Occidente.
Ma, certo, abbiamo la nostra sofferenza, il nostro grido per la pace, per la non discriminazione,
il nostro grido per la vita… veramente, è il nostro grido dell’Oriente!
R.
- Sì, la sofferenza crea una maturità, aiuta molto a scrivere di cuore.
R.
- Leggendo queste preghiere, troverete sì la sofferenza ma anche la speranza.
R.
- Sappiamo di essere nel cuore del Signore. Abbiamo condiviso questo Calvario, se
così si può dire, in un altro modo, ma non ci fermiamo qui. Non ci fermiamo alla 14.ma
stazione della Via Crucis: c’è una 15.ma stazione, che è la Risurrezione, che ci porta
a vivere nuovamente e pienamente.
R. – Anche se portiamo l’Oriente con tutte
le sue sofferenze, abbiamo la piena fiducia che il nostro Oriente sia anche un porto
di speranza, un luogo di testimonianza, un luogo dove veramente si può vivere la fede.