Siria. Ancora bombardamenti su Damasco. Assad alla commissione per il dialogo
In Siria i caccia lealisti continuano a bombardare Damasco in particolare gli edifici
in mano ai ribelli, che ora controllano anche la città di Jobar. Ieri il presidente
Assad ha preso parte ad una riunione della commissione governativa per il dialogo,
fortemente criticata dall’opposizione. Intanto la missione dell’Onu incaricata di
indagare sul presunto uso di armi chimiche nel Paese ha annunciato per la prossima
settimana l’avvio di un’ indagine. E dopo il via libera della Lega Araba alla fornitura
di armi ai ribelli siriani e il no della Nato ai missili patriot sulle zone liberate
del Paese, quale svolta si può ipotizzare nel conflitto in corso? Benedetta Capelli
lo ha Massimiliano Trentin ricercatore di Storia del Medio Oriente all’università
di Bologna:
R. – Sì, è
un passaggio scontato in quanto l’Iran si trova decisamente a favore e a sostegno,
sia politico che logistico ma anche militare, nei confronti del regime di Bashar Al
Assad. Un passaggio scontato che dimostra come purtroppo in Siria si stia combattendo
non solo una guerra civile, ma anche una guerra regionale che vede contrapposti il
regime di Bashar al Assad, gli alleati libanesi di Hezbollah - ma non solo in Libano
- e l’Iran e, dall’altra parte, un arco di forze guidate dai Paesi arabi del Golfo
- Arabia Saudita e Qatar - con l’appoggio un po’ più velato della Giordania, un appoggio
di primissimo piano della Turchia, e sostenuto poi da Francia, Gran Bretagna e in
secondo piano dagli Stati Uniti. Questo è un po’ il quadro.
D. – Divisioni
e blocchi si stanno anche riverberando nella stessa opposizione siriana, che appare
molto divisa al suo interno con al Khatib che ieri, da Doha, ha indicato una propria
linea politica, anche se poi ufficialmente ha dato le sue dimissioni…
R. –
E’ un passaggio veramente molto importante e molto grave, quantomeno dal mio punto
di vista, in quanto al Khatib poteva rappresentare un punto di legame per una soluzione
anche politica alla crisi. Anche perché al Khatib ha criticato e denunciato il regime
per decenni, stando all’interno della Siria. Al contrario, però, i Paesi arabi del
Golfo e in particolare il Qatar hanno fatto un’operazione di forza e hanno imposto,
come primo ministro di questo governo fantomatico, Hitto che invece per decenni ha
vissuto negli Stati Uniti, non è conosciuto dalle opposizioni. Questo ha fatto sì
che l’esercito libero siriano abbia disconosciuto la sua nomina proprio perché la
vedeva come un atto di forza da parte di Paesi come il Qatar, ma anche di governi
europei. Purtroppo, la situazione è questa: c’è la soluzione militare contro una possibile
apertura di una soluzione politica.
D. – Da un lato, il via libera della Lega
Araba alla fornitura di armi ai ribelli, dall’altro alto, invece, il "no" della Nato
all’impiego di missili Patriot sulle zone liberate della Siria: quale impronta stanno
dando al conflitto nel Paese siriano, quali scenari lei intravede?
R. – Purtroppo,
al momento io vedo un’escalation militare perché da un lato abbiamo il regime
di Damasco che, tra l’altro, da poco ha riconquistato il luogo simbolico di Homs,
una delle città epicentro della guerra che è il distretto centrale di Bab Amr. Dall’altra
parte, le opposizioni militari che sono avanzate negli ultimi mesi ma che stanno combattendo
al loro interno, tra di loro con alcuni episodi di scontri. L’approvazione, la legittimazione
ufficiale di quanto succedeva già prima, cioè l’invio di armi attraverso la Turchia,
ai ribelli siriani, da parte di altri Paesi arabi spinge per una radicalizzazione
dello scontro. Sembra che stia prevalendo, quantomeno a livello internazionale, l’opzione
di armare i ribelli e di puntare ancora sullo scontro militare come chiave di volta,
come elemento risolutivo di un conflitto che vede, invece, dall’altra parte una capacità
anche di resistenza militare notevole alla parte del regime di Damasco. E’ una situazione
che si evolverà con un proseguimento di questa guerra di logoramento all’interno del
Paese.