2013-03-28 08:08:29

Siria. Ancora bombardamenti su Damasco. Assad alla commissione per il dialogo


In Siria i caccia lealisti continuano a bombardare Damasco in particolare gli edifici in mano ai ribelli, che ora controllano anche la città di Jobar. Ieri il presidente Assad ha preso parte ad una riunione della commissione governativa per il dialogo, fortemente criticata dall’opposizione. Intanto la missione dell’Onu incaricata di indagare sul presunto uso di armi chimiche nel Paese ha annunciato per la prossima settimana l’avvio di un’ indagine. E dopo il via libera della Lega Araba alla fornitura di armi ai ribelli siriani e il no della Nato ai missili patriot sulle zone liberate del Paese, quale svolta si può ipotizzare nel conflitto in corso? Benedetta Capelli lo ha Massimiliano Trentin ricercatore di Storia del Medio Oriente all’università di Bologna: RealAudioMP3

R. – Sì, è un passaggio scontato in quanto l’Iran si trova decisamente a favore e a sostegno, sia politico che logistico ma anche militare, nei confronti del regime di Bashar Al Assad. Un passaggio scontato che dimostra come purtroppo in Siria si stia combattendo non solo una guerra civile, ma anche una guerra regionale che vede contrapposti il regime di Bashar al Assad, gli alleati libanesi di Hezbollah - ma non solo in Libano - e l’Iran e, dall’altra parte, un arco di forze guidate dai Paesi arabi del Golfo - Arabia Saudita e Qatar - con l’appoggio un po’ più velato della Giordania, un appoggio di primissimo piano della Turchia, e sostenuto poi da Francia, Gran Bretagna e in secondo piano dagli Stati Uniti. Questo è un po’ il quadro.

D. – Divisioni e blocchi si stanno anche riverberando nella stessa opposizione siriana, che appare molto divisa al suo interno con al Khatib che ieri, da Doha, ha indicato una propria linea politica, anche se poi ufficialmente ha dato le sue dimissioni…

R. – E’ un passaggio veramente molto importante e molto grave, quantomeno dal mio punto di vista, in quanto al Khatib poteva rappresentare un punto di legame per una soluzione anche politica alla crisi. Anche perché al Khatib ha criticato e denunciato il regime per decenni, stando all’interno della Siria. Al contrario, però, i Paesi arabi del Golfo e in particolare il Qatar hanno fatto un’operazione di forza e hanno imposto, come primo ministro di questo governo fantomatico, Hitto che invece per decenni ha vissuto negli Stati Uniti, non è conosciuto dalle opposizioni. Questo ha fatto sì che l’esercito libero siriano abbia disconosciuto la sua nomina proprio perché la vedeva come un atto di forza da parte di Paesi come il Qatar, ma anche di governi europei. Purtroppo, la situazione è questa: c’è la soluzione militare contro una possibile apertura di una soluzione politica.

D. – Da un lato, il via libera della Lega Araba alla fornitura di armi ai ribelli, dall’altro alto, invece, il "no" della Nato all’impiego di missili Patriot sulle zone liberate della Siria: quale impronta stanno dando al conflitto nel Paese siriano, quali scenari lei intravede?

R. – Purtroppo, al momento io vedo un’escalation militare perché da un lato abbiamo il regime di Damasco che, tra l’altro, da poco ha riconquistato il luogo simbolico di Homs, una delle città epicentro della guerra che è il distretto centrale di Bab Amr. Dall’altra parte, le opposizioni militari che sono avanzate negli ultimi mesi ma che stanno combattendo al loro interno, tra di loro con alcuni episodi di scontri. L’approvazione, la legittimazione ufficiale di quanto succedeva già prima, cioè l’invio di armi attraverso la Turchia, ai ribelli siriani, da parte di altri Paesi arabi spinge per una radicalizzazione dello scontro. Sembra che stia prevalendo, quantomeno a livello internazionale, l’opzione di armare i ribelli e di puntare ancora sullo scontro militare come chiave di volta, come elemento risolutivo di un conflitto che vede, invece, dall’altra parte una capacità anche di resistenza militare notevole alla parte del regime di Damasco. E’ una situazione che si evolverà con un proseguimento di questa guerra di logoramento all’interno del Paese.







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