Ospedale Bambino Gesù: inaugurato nuovo reparto di neuropsichiatria infantile
Inaugurato il nuovo reparto di neuropsichiatria infantile all’ospedale Bambino Gesù
di Roma. Un forte segnale medico nella cura dei disturbi psichiatrici dell’età evolutiva:
un adolescente su cinque ne è colpito. Gian Giacomo Martinetti ha intervistato
il prof. Giuseppe Profiti, presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, e il
prof. Stefano Vicari, responsabile dell’Unità operativa di neuropsichiatria infantile
del Bambino Gesù:
D. – Prof.
Giuseppe Profiti, ci troviamo nel Padiglione Ford: un altro tassello che accresce
la voglia di rinnovarsi dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Lei cosa ne pensa?
R.
– Completiamo in un certo qual modo questo Padiglione Ford, che è il padiglione delle
neuroscienze, con un’operazione di riconversione delle risorse e le visioni dell’ospedale.
Inauguriamo questo nuovo reparto di neuropsichiatria infantile che è la risposta dell’Ospedale
Bambino Gesù, che è il maggiore centro pediatrico italiano ed europeo, a quello che
è l’impatto di queste nuove patologie che per complessità e numero si stanno affacciando
e stanno conquistando prepotentemente la scena. Stiamo parlando di patologie neuropsichiatriche
legate ai disturbi del comportamento.
D. – Parliamo di addetti: da quante unità
è composto il personale nel nuovo reparto?
R. – All’interno di questa struttura
lavorano circa 125-130 persone suddivise, naturalmente, tra professioni sanitarie
e medici e altri addetti – perché poi, ripeto, non stiamo parlando solo della risposta
ad un bisogno fisico ma alla generazione di un piccolo mondo adatto a chi, in un certo
modo, porta questa offesa nella sfera psichica.
D. – Prof. Stefano Vicari,
che tipologia di ambiente si offre, qui? Anche a livello direttamente emotivo del
paziente? Questa nuova struttura cosa cerca di offrire a livello emozionale?
R.
– Oggi parliamo del ricovero ordinario, posti letto dove i ragazzi trascorrono il
loro tempo, compreso il dormire la notte. Quello che abbiamo cercato di fare è costruire
una sala polifunzionale in cui i ragazzi possano intanto avere la possibilità di parlarsi
tra loro e stabilire una relazione anche valida che vada al di là dell’esperienza
del ricovero, e che abbiano anche una relazione con il personale – infermieri, medici,
terapisti – che sia più libera dal vincolo strettamente paziente-medico. E poi, in
questa sala polifunzionale possono essere svolte delle attività. Quindi, momento di
incontro e anche momento di crescita, e quindi anche attività educative, attività
formative: ad esempio, c’è la scuola, dove i ragazzi possono seguire le lezioni, c’è
la psicoterapia …
D. – Come si dividono le malattie neuropsichiatriche in età
evolutiva?
R. – Le malattie psichiatriche in età evolutiva si dividono in due
grandi capitoli: disturbi dello sviluppo, cioè i disturbi che sono presenti fin dalla
nascita nel bambino, come l’autismo, il disturbo del linguaggio, l’Adhd (Attention-Deficit/Hyperactivity
Disorder – sindrome da deficit di attenzione e iperattività) e la dislessia, anche
se la dislessia si rende evidente quando il bambino arriva a scuola: però, è qualcosa
che si porta dietro. E poi, ci sono i disturbi francamente psichiatrici, cioè depressione,
ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo di condotta fino all’esordio psicotico
e alla schizofrenia. Questi due grandi capitoli si raccolgono intorno ad età più tipiche:
quindi, il bambino piccolo che arriva da noi, per lo più ha un disturbo dello sviluppo,
l’adolescente invece rientra più nei disturbi psichiatrici. Noi ci occupiamo in modo
importante anche dei bambini che sono stati vittime di abusi e quindi le sequele dal
punto di vista psicologico e psichiatrico, a volte, di bambini maltrattati o che abbiano
subito abusi sessuali.
D. – E’ possibile quindi affermare che in Italia siamo
ancora impreparati, culturalmente parlando, ad affrontare problematiche mediche di
questo tipo?
R. – Sì: io credo che siamo figli di uno psicologismo, come dicevo
prima, per cui una malattia psichiatrica in età evolutiva non esiste. Basaglia stesso,
che ha avuto moltissimi meriti – primo fra tutti quello di avere chiuso i manicomi
– sotto i 18 anni non parla di malattia psichiatrica, perché c’è una visione arcaica
per cui il disturbo psichiatrico è frutto di una società malata, e quindi si manifesterebbe
soltanto nell’adulto. Dobbiamo convincerci che la malattia psichiatrica è una malattia
biologica, come la polmonite, il cancro o qualunque altro disturbo. Ha una sua origine
biologica forte, il contesto ambientale certamente la può favorire o contenere; ma
è una malattia.