2013-03-26 13:30:25

"L'azzardo non è un gioco": impatto sconvolgente su persone e famiglie


I giochi d’azzardo sono ormai la terza industria italiana: danno lavoro a 120 mila addetti, muovendo circa il 4% del Pil. Delle loro implicazioni sociali si è discusso a Roma, in Campidoglio, durante il convegno “L’azzardo non è un gioco”. Il simposio, moderato dal giornalista di Radio Vaticana Massimiliano Menichetti, ha coinvolto esponenti della politica, dei media, della società civile, della Chiesa e delle associazioni di settore. Lo ha seguito per noi Davide Maggiore: RealAudioMP3

L’Italia sta diventando un enorme tavolo verde? Il settore dei giochi d’azzardo non ha risentito della crisi economica: anzi, nel 2012, il suo fatturato è cresciuto del 10 per cento, arrivando a sfiorare - secondo i dati dell’associazione ‘Libera’ - i 90 miliardi di euro. Altri 15 miliardi rappresentano un giro d’affari parallelo e illegale. Ne parla l’avvocato Attilio Simeone, che coordina il cartello di associazioni “Insieme contro l’azzardo”:

“Il gioco d’azzardo illegale non scompare perché c’è lo Stato che se ne occupa, ma viene alimentato dal gioco d’azzardo legale. Per il giocatore, una volta caduto nella patologia, è la stessa cosa giocare legalmente o illegalmente. Questo alimenta queste due sacche e davanti a questi numeri la criminalità organizzata certamente non sta a guardare”.

C’è anche chi ricorre all’usura per finanziare i suoi debiti di gioco, come spiega mons. Alberto D’Urso, segretario della Consulta nazionale antiusura:

“È un circolo vizioso, l’azzardo porta a indebitarsi, quindi porta all’usura. Chi ormai è giocatore patologico ha bisogno di soldi e si indebita facilmente, ma a sua volta l’usura è causa dell’azzardo”.

Quella dei giocatori compulsivi è una vera e propria malattia, che colpisce, secondo le stime, tra le 500 mila e le 800 mila persone. A subirne le conseguenze sono spesso intere famiglie. Ascoltiamo Simone Feder, psicologo, che lavora con la Casa del Giovane di Pavia:

“Nel 2008 un ragazzino è venuto a chiedermi aiuto per essere aiutato a gestire il conto corrente del papà. Una cosa tragica è che in molte famiglie è presente questo dramma e chi ne soffre di più sono soprattutto i più giovani, i bambini. Sentire la sofferenza che sta dietro a un bambino è sconvolgente: dove oggi abbiamo un giocatore d’azzardo non dobbiamo dimenticare che ci sono cinque familiari che rischiano di ammalarsi”.

È dunque fondamentale lavorare sulla prevenzione, ma soprattutto sull’educazione, perché la malattia dell’azzardo è un problema sanitario, ma ha radici nella cultura e nell’etica. A indicare un principio guida è mons. Alberto D’Urso:

“Non è ‘l’uomo per il gioco’, è ‘il gioco per l’uomo’, e l’azzardo non è un gioco: è un grosso pericolo ed è una malattia. Dobbiamo smetterla di essere indifferenti di fronte ai mali di carattere sociale. Come cristiani e cattolici vogliamo testimoniare davvero con le opere la nostra fede; dobbiamo fare una ampia opera di educazione alla sobrietà, di formazione, a cominciare dai bambini, perché oggi noi vediamo che già tra i bambini il ‘gratta e vinci’ è un gioco molto diffuso”.

Su questo fronte sono chiamati ad impegnarsi anche i media. Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire spiega quale può essere il ruolo dell’informazione...

“… è quello di far capire le proporzioni del fenomeno. Significa dare una mano alle persone davvero, quindi è un’opera di misericordia, perché il gioco d’azzardo, quando diventa davvero compulsivo, sconvolge la vita delle famiglie e mette in crisi le generazioni. Padri gioco-dipendenti accompagnati ai centri di recupero dai figli: è l’opposto di quello che eravamo abituati a vedere con le tossicodipendenze”.







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