L'ultimo saluto a Pietro Mennea: i funerali nella Chiesa romana di S. Sabina
Ultimo saluto sabato mattina a Pietro Mennea, campione olimpico ed ex recordman di
Atletica Leggera nei 200 metri piani, spentosi a 61 anni nei giorni scorsi. Autorità
e gente comune hanno partecipato ai funerali celebratisi nella Chiesa romana di Santa
Sabina. Ascoltiamo un ricordo di Mennea nelle parole di Pasqualino Abeti, anche’egli
velocista ai tempi del campione di Barletta. L’intervista è di Giancarlo La Vella:
R. – In questi
giorni ho sentito proprio una parte di me che si è staccata completamente. Non posso
più ricordare Pietro, parlando al presente, ma devo ricordare Pietro parlando al passato
e questo mi tocca molto. Lo ricordo ragazzino del Sud, che si affacciava alla velocità
titubante, molto timido e riservato, però con una grandissima personalità. E’ bello
ricordarlo, perché era un uomo pulito, un uomo semplice, pur nella sua riservatezza,
nella sua dialettica non sempre facile. E poi voglio ricordarlo come uomo di fede,
perché era un vero credente.
D. – Come si manifestava nell’attività agonistica
questa sua fede?
R. – Nel suo comportamento, nel suo colloquio sempre misurato,
nel praticare quando si poteva, perché non sempre eravamo nelle condizioni di poterlo
fare, la domenica i sacramenti. In un mondo in cui l’eccessiva praticità fa scattare
altri interessi, la sua presenza era significativa. Al suo fianco si doveva utilizzare
un dialogo di un certo tipo.
D. – L’impegno che voi mettevate in una disciplina
così difficile come la velocità, vi portava ad aiutarvi un po’ a vicenda nei momenti
di difficoltà?
R. – Sì, durante gli allenamenti c’era la possibilità di aiutarci
l’uno con l’altro, perché quando la fatica si faceva sentire, si lavorava a coppia
e si aveva sempre l’opportunità di appoggiarsi all’altro. Oppure in momenti di vera
fatica, quando non c’era più ossigeno, era sufficiente uno sguardo per capire che
si era affaticati, ma non si era soli, c’era sempre qualcuno di fianco che ti aiutava.
D.
– C’è un episodio particolare che lei ricorda, che la fa sentire particolarmente vicino
a Pietro Mennea?
R. – Quando vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi del
’72, una medaglia inaspettata, ma che nello stesso tempo lui aveva sperato fosse d’argento.
La sera in camera, noi velocisti insieme, in pigiama, festeggiammo con un bicchiere
di bibita, e lui ci disse: “Va bene, adesso basta, perché domani si riparte”. Questo
ci faceva capire quanto il giovane Pietro Mennea fosse sì agli inizi, ma molto avanti,
per poter iniziare una carriera come poi ha concluso: con cinque Olimpiadi, il primato
del mondo e la vittoria olimpica.