Lo storico abbraccio tra Francesco e Benedetto a Castel Gandolfo: "Siamo fratelli"
Le immagini dello “storico incontro” tra Papa Francesco e Benedetto XVI, avvenuto
sabato scorso a Castel Gandolfo, poco dopo le 12, hanno subito fatto il giro del mondo.
Il nuovo Pontefice e il Papa emerito hanno pregato insieme in un clima di profonda
sintonia umana e spirituale, quindi hanno condiviso il pranzo. Poco dopo le 14.40,
l’elicottero bianco si è levato di nuovo in volo per riportare Papa Francesco in Vaticano.
La cronaca dell’evento nel servizio di Alessandro De Carolis:
Francesco abbraccia
Benedetto e la storia della Chiesa si arricchisce di un’immagine di cui da oggi e
per sempre si serberà incancellabile il ricordo. A dare forma visibile a ciò che fino
a 40 giorni fa nessuno, credente o laico, avrebbe nemmeno mai osato immaginare, è
un minuto di sequenze televisive, girate dal Centro Televisivo Vaticano, scritte con
l’inchiostro immateriale della tv, ma poderose ed emozionanti come nemmeno la regia
più ispirata avrebbe saputo escogitare. A togliere per primo il fiato, poco dopo le
12.15, è quell’abbraccio intenso – “bellissimo” lo definirà padre Federico Lombardi
che ne è uno dei pochi, privilegiati testimoni – che non sarebbe diverso da quello
tra due amici di vecchia data se non fosse per la forte impressione che provoca l’assistervi,
la prossimità di quei due abiti così simili nella foggia – di diverso solo una fascia
e una mantelletta in più sulla talare del nuovo Papa – ma assolutamente uguali nel
tono di bianco e nel significato universale di quel colore.
Francesco che
abbraccia Benedetto è l’immagine del millennio. Ma già i contorni di quell’immagine
– un esterno, giorno, sul comune sfondo di un elicottero – indicano che la grandezza
di quella meraviglia avrà di gigantesco non tanto l’enfasi costruita dell’Evento,
ma l’umanità di tratto e di tatto dei suoi due protagonisti. I quali salgono in auto
– il primo a destra, il secondo a sinistra – e allo sfondo dell’eliporto di Castel
Gandolfo si sostituiscono le mura della cappella del Palazzo apostolico. Qui, la seconda
scena del millennio scioglie nella commozione il nodo allo stomaco provocato dall’impatto
di poco prima. Papa Francesco entra per primo, Benedetto XVI lo segue, poggiato al
bastone. Invece di dirigersi all’inginocchiatoio d’onore, posto davanti e al centro,
Papa Francesco fa per dirigersi al banco posteriore. Quando Benedetto XVI vede il
gesto, accelera il passo e tende il braccio per trattenere Papa Francesco, per indicargli
che il suo posto non è quello, ma invece si vede trattenuto a sua volta dal suo successore,
che lo invita a stare accanto a sé, al banco degli umili, a pregare insieme, vicini.
“Siamo fratelli”, gli dice semplicemente, è questa a buon diritto è l’affermazione
del millennio. E forse, più ancora del primo abbraccio tra due Papi, è questa inquadratura,
che ritrae due grandi uomini umili in ginocchio assieme davanti a Dio, a rendere plastica
in modo nuovo la forza di fede di cui dispone la Chiesa contemporanea. “Un momento
di altissima e profondissima comunione”, lo definirà padre Lombardi.
Il terzo
momento – i circa 45 minuti di colloquio privato nella Biblioteca, iniziato alle 12.30
– è nascosto all’occhio delle telecamere, come il quarto, il pranzo condiviso assieme.
Non lo è invece lo scambio dei doni. Francesco dona a Benedetto l’icona della “Madonna
dell’umiltà” perché, spiega, quell’appellativo gli ha fatto pensare a lui. E a quella
spiegazione Benedetto XVI gli serra di scatto le mani, e il nodo alla gola stavolta
è anche il suo, oltre che di chi guarda. I sentimenti provocati da quest’ultima sequenza
toccano nel profondo. Nessuno li vedrà abbracciarsi ancora alla partenza, ma il mondo
ha visto Francesco abbracciare Benedetto, e assistito quasi a un passaggio di testimone:
dal grande Papa pilastro della fede, ma più ancora maestro di una infinita mitezza,
al Papa che è già pilastro della carità e che il prossimo Giovedì Santo laverà i piedi
di ragazzini ai quali la vita ha già spezzato le ali. Fede e carità: la speranza,
non solo per la Chiesa, è nell’aver visto quale forza abbia la loro unità.