"Francesco, Papa della tenerezza". Mons. Rocchetta: convertire il cuore di pietra
in cuore di carne
Dostoevskij la definì “forza dell’amore umile”: la tenerezza infatti, contrariamente
al comune modo di pensare, non è virtù dei deboli. Papa Francesco ne ha fatto un
pilastro del suo inizio pontificato invitando a non averne paura perché attraverso
di essa si può ridare un volto umano al mondo. Da dieci anni appena compiuti a Perugia
è attiva la comunità Casa della Tenerezza impegnata nella formazione di fidanzati,
sposi, separati e persone in difficoltà. A guidarla è mons. Carlo Rocchetta,
autore del volume “Teologia della tenerezza. Un vangelo da riscoprire”. Paolo Ondarza
gli ha chiesto come ha accolto la parole del Papa:
R. – Mi sono
commosso moltissimo, perché da anni credo al valore della tenerezza, essendo un tema
fondamentale della Bibbia. Dio è tenerezza e c’è tutta una teologia della tenerezza
che arriva fino alla croce. Sulla croce, Gesù, abbraccia tutti.
D. – Che cos’è
la tenerezza?
R. – Dio è tenerezza. Noi siamo creati a immagine e somiglianza
di Dio e quindi siamo felici se impariamo da Lui ad amare con tenerezza. Tutti noi
siamo chiamati a vivere la tenerezza di Dio e ad espanderla, a prenderci cura di noi
stessi, dell’altro e di ogni più piccola realtà del creato.
R. – Tenerezza
e misericordia sono diverse e complementari...
R. – La tenerezza porta quel
sentire affettivo che è fondamentale alla misericordia, altrimenti la misericordia
si può ridurre solo all’opera di mettersi al servizio degli altri, ma senza partecipazione
del cuore.
D. - E’ la tenerezza che ci rende sensibili, attenti, custodi, per
usare una parola del Papa, del disegno iscritto da Dio nella natura?
R. – Custodire
il creato, custodire l’altro, custodire il cuore, significa custodirlo con tenerezza.
Amare, per esempio, la creazione non è soltanto un’ecologia, è una “eco tenerezza”,
un amare il creato, perché tutto è dono di Dio. Al vertice, poi, del creato, sta la
persona umana, sta il bambino, sta il povero, l’indifeso. Per esempio, cosa c’è di
più tenero di un bambino nel grembo della madre? C’è un’etimologia interessantissima.
Dal punto di vista biblico il termine “tenerezza” deriva da un termine aramaico che
al femminile è proprio il grembo della madre. La madre che porta in sé il bambino
è l’atto più tenero che possa esistere. Infatti, la Bibbia usa spesso la metafora
“madre” per richiamare la tenerezza di Dio. Come una madre ama il bambino, così Dio
ama il popolo.
D. – Doveroso sfatare anche erronee interpretazioni della parola
“tenerezza”, che non è una virtù dei deboli, non è un sentimento sdolcinato, non è
– se pensiamo ai genitori con i figli – permissivismo...
R. – Mi è piaciuto
tantissimo che il Papa abbia sottolineato che la tenerezza non è debolezza, ma è fortezza
dell’animo. Soltanto chi è forte nell’animo, chi è stabile affettivamente, è capace
di tenerezza, altrimenti si tradurrebbe in tenerume, in falsa tenerezza, in sdolcinatezza,
in smanceria. Direi che la tenerezza chiama a convertire il nostro cuore da un
cuore di pietra ad un cuore di carne, come direbbe la Scrittura.
D. – Quindi
in nessun modo tenerezza è una premessa ad uno sconto alla verità?
R. – No,
assolutamente. La tenerezza, come del resto la misericordia, vanno sempre coniugati
con la verità, perché altrimenti non è più tenerezza vera, diventa faciloneria, relativismo.
Bisogna sempre distinguere, come fa sempre il Santo Padre, ed anche Benedetto XVI
ha fatto, tra la persona e il peccato, tra il peccato e il peccatore: il peccatore
va amato, il peccato va condannato.
D. – Ha destato interesse il fatto che
il Papa abbia rivolto questo appello a non aver paura della tenerezza di fronte ad
una Piazza San Pietro in cui erano presenti rappresentanti di tutti i Paesi, quindi
anche i potenti della Terra...
R. – Io lo considero una sorta di manifesto
cristiano, perché praticamente ha proclamato il Vangelo: vincere il male con il bene.
Il Papa ha avuto il coraggio di dire: non abbiate paura, la tenerezza vince il mondo.
La tenerezza è riconoscimento di Dio, perché non dimentichiamo che la tenerezza nasce
da Dio e rimanda a Dio, Dio è la sorgente della tenerezza. La tenerezza è dire grazie
a Dio con la propria vita, sentendosi amati da Dio e riamandolo. Quindi da questa
sorgente nasce un nuovo modo di essere con gli altri, che non è quello propagato dalla
violenza, dalla durezza del cuore, ma quello propagato dall’amabilità, dalla bontà
del cuore. Veramente, la parola “tenerezza” può diventare il criterio di lettura anche
del futuro dell’umanità.