2013-03-21 13:19:28

"Francesco, Papa della tenerezza". Mons. Rocchetta: convertire il cuore di pietra in cuore di carne


Dostoevskij la definì “forza dell’amore umile”: la tenerezza infatti, contrariamente al comune modo di pensare, non è virtù dei deboli. Papa Francesco ne ha fatto un pilastro del suo inizio pontificato invitando a non averne paura perché attraverso di essa si può ridare un volto umano al mondo. Da dieci anni appena compiuti a Perugia è attiva la comunità Casa della Tenerezza impegnata nella formazione di fidanzati, sposi, separati e persone in difficoltà. A guidarla è mons. Carlo Rocchetta, autore del volume “Teologia della tenerezza. Un vangelo da riscoprire”. Paolo Ondarza gli ha chiesto come ha accolto la parole del Papa:RealAudioMP3

R. – Mi sono commosso moltissimo, perché da anni credo al valore della tenerezza, essendo un tema fondamentale della Bibbia. Dio è tenerezza e c’è tutta una teologia della tenerezza che arriva fino alla croce. Sulla croce, Gesù, abbraccia tutti.

D. – Che cos’è la tenerezza?

R. – Dio è tenerezza. Noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio e quindi siamo felici se impariamo da Lui ad amare con tenerezza. Tutti noi siamo chiamati a vivere la tenerezza di Dio e ad espanderla, a prenderci cura di noi stessi, dell’altro e di ogni più piccola realtà del creato.

R. – Tenerezza e misericordia sono diverse e complementari...

R. – La tenerezza porta quel sentire affettivo che è fondamentale alla misericordia, altrimenti la misericordia si può ridurre solo all’opera di mettersi al servizio degli altri, ma senza partecipazione del cuore.

D. - E’ la tenerezza che ci rende sensibili, attenti, custodi, per usare una parola del Papa, del disegno iscritto da Dio nella natura?

R. – Custodire il creato, custodire l’altro, custodire il cuore, significa custodirlo con tenerezza. Amare, per esempio, la creazione non è soltanto un’ecologia, è una “eco tenerezza”, un amare il creato, perché tutto è dono di Dio. Al vertice, poi, del creato, sta la persona umana, sta il bambino, sta il povero, l’indifeso. Per esempio, cosa c’è di più tenero di un bambino nel grembo della madre? C’è un’etimologia interessantissima. Dal punto di vista biblico il termine “tenerezza” deriva da un termine aramaico che al femminile è proprio il grembo della madre. La madre che porta in sé il bambino è l’atto più tenero che possa esistere. Infatti, la Bibbia usa spesso la metafora “madre” per richiamare la tenerezza di Dio. Come una madre ama il bambino, così Dio ama il popolo.

D. – Doveroso sfatare anche erronee interpretazioni della parola “tenerezza”, che non è una virtù dei deboli, non è un sentimento sdolcinato, non è – se pensiamo ai genitori con i figli – permissivismo...

R. – Mi è piaciuto tantissimo che il Papa abbia sottolineato che la tenerezza non è debolezza, ma è fortezza dell’animo. Soltanto chi è forte nell’animo, chi è stabile affettivamente, è capace di tenerezza, altrimenti si tradurrebbe in tenerume, in falsa tenerezza, in sdolcinatezza, in smanceria. Direi che la tenerezza chiama a convertire il nostro cuore da un cuore di pietra ad un cuore di carne, come direbbe la Scrittura.

D. – Quindi in nessun modo tenerezza è una premessa ad uno sconto alla verità?

R. – No, assolutamente. La tenerezza, come del resto la misericordia, vanno sempre coniugati con la verità, perché altrimenti non è più tenerezza vera, diventa faciloneria, relativismo. Bisogna sempre distinguere, come fa sempre il Santo Padre, ed anche Benedetto XVI ha fatto, tra la persona e il peccato, tra il peccato e il peccatore: il peccatore va amato, il peccato va condannato.

D. – Ha destato interesse il fatto che il Papa abbia rivolto questo appello a non aver paura della tenerezza di fronte ad una Piazza San Pietro in cui erano presenti rappresentanti di tutti i Paesi, quindi anche i potenti della Terra...

R. – Io lo considero una sorta di manifesto cristiano, perché praticamente ha proclamato il Vangelo: vincere il male con il bene. Il Papa ha avuto il coraggio di dire: non abbiate paura, la tenerezza vince il mondo. La tenerezza è riconoscimento di Dio, perché non dimentichiamo che la tenerezza nasce da Dio e rimanda a Dio, Dio è la sorgente della tenerezza. La tenerezza è dire grazie a Dio con la propria vita, sentendosi amati da Dio e riamandolo. Quindi da questa sorgente nasce un nuovo modo di essere con gli altri, che non è quello propagato dalla violenza, dalla durezza del cuore, ma quello propagato dall’amabilità, dalla bontà del cuore. Veramente, la parola “tenerezza” può diventare il criterio di lettura anche del futuro dell’umanità.







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