Il ritratto del card. Bergoglio nel libro "El jesuita". Intervista con Francesca Ambrogetti
In tutte le librerie sarà disponibile tra pochi giorni l’unico libro biografico esistente,
in forma di intervista e in lingua spagnola, sull’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio,
ora Papa Francesco, dal titolo “El jesuita”. Il volume è del 2010 e sarà presto tradotto
in varie lingue. Ma come è nato il progetto di questo libro? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto alla coautrice, con Sergio Rubin, Francesca Ambrogetti:
R. - Nasce
del 2001: Bergoglio era appena stato nominato cardinale e nessuno pensava, nemmeno
lontanamente, che potesse diventare Papa. Era appena scoppiata la crisi economica
argentina, così invito vari esponenti dei diversi settori e telefono all’arcivescovado.
Mi risponde Bergoglio personalmente e gli dico che lo volevamo avere alla Stampa Estera.
Lui accetta, allora gli diciamo che, se vuole, gli mandiamo naturalmente un'auto,
ma lui risponde: “No, no. Qual è l’indirizzo? Non si preoccupi, prendo l'autobus numero
tale che mi lascia a tre isolati e poi cammino”. Primo shock: come mai viene in autobus
il cardinale? In quel momento era arcivescovo di Buenos Aires, cardinale, massimo
esponente della Chiesa argentina. L'incontro con la stampa estera colpì moltissimo
tutti i giornalisti presenti. Ci colpì moltissimo per le cose che disse: cose molto
profonde, ma in modo estremamente semplice. Forse, pensammo, valeva la pena approfondire
il pensiero di questo uomo ed è lì che nasce l’idea del libro. Poi ci abbiamo messo
vari anni però per riuscire a convincere l’allora cardinale a concedere degli incontri
per realizzare il libro.
D. - La personalità che viene fuori dell’allora cardinale
Bergoglio, ora Papa Francesco, è la medesima che noi abbiamo visto in questi pochi
giorni di Pontificato?
R. - Assolutamente. E’ esattamente la stessa persona.
Il gesto di chiedere la preghiera per chi lo conosce non è una sorpresa: perché il
suo saluto alle persone che lo conoscono è sempre “pregate per me”. Quindi non ha
sorpreso. E’ la stessa persona. A me non colpirebbe se un giorno andasse in giro per
Roma con i mezzi di trasporto… Aspettatevelo!
D. - Delicatezza, quasi fragilità,
ma anche una grande forza: condividi questa impressione che molti hanno avuto di Papa
Francesco?
R. - Sì. E’ la stessa impressione che abbiamo avuto noi. E’ una
persona estremamente puntuale, gentile, squisita, capace di ascoltare, capace di dialogare,
di transigere. Però, nelle cose in cui crede no: è intransigente, coraggioso e forte.
D. - Che cosa lascia Papa Francesco all’arcidiocesi di Buenos Aires e a tutta
l’Argentina?
R. - E’ riuscito a gestirla nel migliore dei modi. Aveva una linea
telefonica diretta per i sacerdoti, che lo potevano chiamare a qualsiasi ora del giorno
e della notte. E’ molto amato da tutti i suoi sacerdoti, sarà amato da tutti vescovi,
dai cardinali… Quindi, lascia una chiesa organizzata, ordinata. Auguriamoci che la
stessa missione la possa fare al Vaticano.
D. - C’è anche un senso di velata
tristezza per aver perso un pastore di questa portata…
R. - Sì. Nel libro c’è
la testimonianza di una avvocatessa, esponente dei diritti umani, che dice: sarebbe
un fantastico Papa, ma io mi auguro che non lo eleggano, perché voglio che rimanga
fra noi. Questo è il senso: sì un po' di tristezza, ma anche grande gioia. Si sente
che in realtà non lo si è perso, ma lo si ha in un altro modo, più vasto, più planetario.